ECONOMIA CIRCOLARE ed efficienza energetica sono due dei pilastri alla base della transizione energetica dell’Unione europea per ridurre il consumo di risorse e le emissioni che alterano il clima. In questa prospettiva sempre più diffusa un ruolo di primo piano può essere svolto dal biometano. La sua produzione valorizza rifiuti organici e sottoprodotti agricoli, riducendo la quantità di scarti destinati alle discariche, e il suo utilizzo contribuisce a ridurre le emissioni di Co2. Un ruolo altrettanto importante in queste prospettiva lo riveste anche la produzione di biogas che oggi in Italia conta 1803 impianti. Sul fronte del biometano, secondo i dati elaborati da Eba all’interno dello Statistical report 2023 e su base delle stime del Cib, Consorzio Italiano Biogas, l’Italia è passata da 1 impianto attivo nel 2018 a 51 impianti operativi nel 2022, di cui 18 agricoli. Si tratta di un settore in lenta ma forte espansione in tutta Europa, tanto che perfino la Catalogna, comunità autonoma nel nord est della Spagna, destina 80 milioni di euro nei prossimi 5 anni per realizzare 80 nuovi impianti nella regione, per arrivare a 150 nel 2030 e triplicare la produzione di biometano, consentendo così di ridurre le emissioni di almeno 350.000 tonnellate di CO2 ogni anno.
È però ancora molto impegnativo per le aziende agricole affrontare da sole l’investimento per la costruzione di un impianto che può costare diversi milioni di euro. Da qui si sviluppa la nuova strategia della Confederazione dei bieticoltori-CGBI impegnata a dar vita a nuove filiere agro-energetiche come quelle già avviate con Granarolo e Fruttagel e tramite la società partner Bio.Methane.Hub aiuta gli agricoltori e allevatori ad aggregarsi in società agricole consortili per la gestione degli impianti: 13 sono già operative in Lombardia, Emilia-Romagna e Friuli.
"Ci occupiamo della progettazione e della gestione amministrativa, ma soprattutto guidiamo le risorse finanziarie e le relative fideiussioni bancarie – spiega il presidente di Cgbi, Gabriele Lanfredi - e nello specifico, le stalle potranno destinare all’impianto tutti gli effluenti zootecnici prodotti attestando, da un lato, la riduzione delle emissioni di odori forti , dall’altro l’abbattimento di oltre il 50% dell’azoto contenuto nei liquami trattati, laddove è richiesto, prima dello spandimento sui terreni aziendali".
Un’impresa modello sotto questo profilo è la Leona di Riccardo Minarelli (nella foto sopra), 30 anni, laureato in Economia, aderente a Confagricoltura e attiva a Codigoro (Ferrara). È il classico esempio di economia circolare orientata alla produzione di energia rinnovabile ottenuta da biomasse agricole e agroalimentari, che alimentano due impianti: uno di biogas (energia elettrica) e l’altro di biometano (gas naturale): "Valorizziamo a fini energetici prodotti e sottoprodotti agricoli, reflui zootecnici come letame, liquame e pollina, ma anche scarti dell’industria alimentare. Produciamo energia pulita senza generare rifiuti. Anzi, il residuo del processo di digestione anaerobica ritorna alla terra sotto forma di concime organico. In questo modo si creano sinergie con le aziende agricole fornitrici di biomassa che a loro volta possono concimare i campi con il fertilizzante derivato dagli impianti di biogas e biometano: oltre 100 tonnellate al giorno di digestato che viene trasformato anche in compost per facilitarne il trasporto. Così completa la circolarità del sistema agro-energetico".
La rivoluzione energetica della Leona ha avuto inizio nel 2012 con la costruzione dell’impianto di biogas da 1 megawatt capace di coprire il fabbisogno medio di energia elettrica di 500 abitazioni. Parte del raccolto di cereali, vernini e mais è stato destinato alla produzione di biomassa. L’impianto di biogas è in grado di produrre energia elettrica e termica grazie a un cogeneratore, quindi il calore viene poi recuperato e utilizzato per i processi produttivi e il riscaldamento degli ambienti di lavoro. Dal 2020 è operativo anche l’impianto di biometano da 420 standard m3/ora, che produce ogni anno una quantità di gas naturale tale da coprire i consumi di 1.500 abitazioni. L’azienda ferrarese si è anche organizzata per gestire prodotti provenienti da altre attività. Spiega ancora Riccardo Minarelli: "Sfruttiamo anche i sottoprodotti agro-alimentari provenienti da industrie dolciarie, panifici, riserie e zuccherifici o quelli derivati dalla lavorazione o raffinazione di oli e grassi vegetali oltre ovviamente a residui di colture e della zootecnia. Il biometano prodotto viene poi immesso nella rete di distribuzione del gas naturale.
Dai produttori di patate, carote e pomodoro da industria, ritiriamo i materiali rimasti dopo le lavorazioni post-raccolta offrendo in cambio un concime organico di buon valore fertilizzante. Agli allevatori invece forniamo un servizio costante di ritiro dei reflui, mettendo a disposizione il nostro centro di stoccaggio coperto con zero emissioni di ammoniaca e CO2". La Confederazione bieticoltori - Cgbi, che riunisce 5200 aziende, da anni è la capofila di progetti in Europa per biogas e biometano.