LA LAMPADINA si è accesa nel 1992 al fondatore, Paolo Tarquinio. Al timone dell’omonima azienda, Tarquinio srl impianti elettrici, fondata nel ’75, curava l’installazione di punti vendita. E si rese conto che i progetti illuminotecnici non valorizzavano correttamente il prodotto. Così, ebbe l’intuizione di allargare l’offerta della sua azienda: corpi illuminanti - di altissima qualità e rigorosamente Made in Italy - per far risparmiare il cliente in termini di spese e manutenzione. La filosofia che porta alla nascita, nel 2010, di Imoon. Ora la “signora delle luci“ è lei, la Ceo Laura Tarquinio, figlia del fondatore. A capo di una “multinazionale tascabile“ dove i 43 dipendenti, tutti assunti a tempo indeterminato, parlano dieci lingue diverse. In organico, 15 light designer a tempo pieno. E i clienti - in 60 Paesi del mondo - sono la Grande distribuzione, retail in generale, food e fashion retail. La rete degli agenti e dei partner commerciali, in Italia e all’estero, è capillare. "Siamo un’azienda giovane ma con grande esperienza e mezzo secolo di storia tra impianti e illuminazione – sorride la Ceo – perché il nostro know how è acquisito sul campo". Un know how che si traduce in numeri e business. In ascesa. Perché il 2023 ha segnato l’ennesimo record consecutivo di fatturato (e crescita costante dell’organico): 24 milioni di euro con Imoon, altri 20 milioni con la prima azienda del gruppo, Tarquinio, che conta su un organico simile (portando il totale degli assunti a cento persone), prospera e quest’anno festeggia il mezzo secolo di attività.
I segreti del successo?
"Il fatto di avere prodotto Made in Italy – ragiona Laura Tarquinio –: noi a 60 chilometri dalla sede di Milano facciamo tutto, non abbiamo mai voluto scendere a compromessi con prodotti di bassa qualità per poter offrire prezzi inferiori. Lavoriamo per un prodotto di eccellenza e innovazione tecnologica". Se l’avanguardia è l’ossesione aziendale, "il servizio ha contato molto, perché oltre ad avere un buon prodotto siamo sempre a disposizione del cliente, dalla progettazione alla preventivazione, fino all’illuminotecnica e al fine tuning (puntamento corpi illuminanti sul prodotto, ndr), e ancora manutenzione e assistenza". Perché un fattore fondamentale è "la fiducia riposta dal cliente in noi, una fiducia guadagnata". L’organizzazione, in questi casi, è tutto. Per non deludere il cliente. Neppure in periodi di crisi degli approvigionamenti, come successo durante e dopo il Covid. Imoon, mentre tanti concorrenti annaspavano, allargava il business garantendo consegne puntuali e servizi “su misura“. "Il tasso di fallimento è zero, il nostro segreto è la flessibilità. Abbiamo un magazzino importante per avere la possibilità di essere veloci nei tempi di consegna. Siamo sempre riusciti a fornire senza problemi i prodotti ai clienti, ci eravamo attrezzati prima con uno stock adeguato in magazzino". Ma più di tutto - ripete la Ceo di Imoon - "la nostra forza principale sono le risorse umane, il team composto da persone talentuose, diverse, competenti, ciascuno da culture, etnie, lingue, esperienze diversificate. Questo ci permette di essere un’azienda con un valore aggiunto in termini di creatività. Il nostro compito è di lasciarli esprimere: sono convinta che la libertà di espressione sia un valore aggiunto per l’intera azienda".
E il gender gap?
"Abbiamo incluso molte donne negli ultimi anni – ragiona Laura Tarquinio –: il nostro settore è abbastanza tecnico e c’è stato sempre il dubbio che la donna non fosse in grado di parlare con un tecnico. Abbiamo smentito questo pregiudizio, è stato un mio impegno personale perché credo che le donne abbiano forza e competenza". Una sfida vinta, oggi le donne sono quasi la metà dell’organico, in questo mondo tecnico. "Ho vissuto una grande storia, al fianco di mio padre, un uomo molto “tecnico “, per me è stata una grande scuola – racconta la manager –. Mi sono ricavata il mio spazio, sono fiera di come in questi vent’anni sono riuscita ad inserirmi in questo mondo. Anche se resta molto da fare per cancellare il gender gap, io sono ottimista: si stanno già facendo grandi passi e fondamentale è promuovere una cultura aziendale inclusiva e più rappresentanza femminile nei ruoli decisionali. Ci stiamo lavorando". E i passi in avanti non si fermeranno, in questo come in altri campi, promette la manager.
"A livello di investimenti, ci stiamo concentrando sull’estero con i partner commerciali, e in fiere internazionali. Senza dimenticare l’aspetto tecnologico e ricerca&sviluppo, dove viene reinvestito almeno il 5% del fatturato ogni anno. "Puntiamo, oltre che sul welfare aziendale, sul progetto di riqualificazione del nostro stabile a Milano in via Imperia, creando un ultimo piano mansardato, ampliandolo per usarlo internamente come spazio breafing, eventi, con una palestra per il personale. Per far sentire le persone sempre più appartenenti a questa azienda, per farle entrare in ufficio con piacere e motivazioni". Poi, il piano di sostenibilità: "Stiamo avviando uno studio per rispondere alle esigenze del mercato", annuncia Tarquinio.
Previsioni per il 2024?
"Siamo ambiziosi, non vogliamo strafare: un +5% nel fatturato sul 2023. Il Made in Italy è ancora riconosciuto come sinonimo di design, qualità e creatività. All’estero ci sono Paesi che vogliono lavorare con l’Italia perché dà senso di eccellenza, qualità, alto design". Pochi timori per i rischi di concorrenza sleale e furto di brevetti. "Anche se un’azienda ti vuole imitare ma poi non riesce come noi a seguire il cliente o ad avere l’approvvigionamento di prodotti, magari consegna dopo 2 mesi. Non possono dare la nostra stessa affidabilità e il risultato è che i clienti sono fidelizzati anche all’estero. Le relazioni sono fondamentali".