QUANDO LO SI INDICA come uno dei pionieri del biologico e biodinamico in Italia (il suo primo negozio bio, ‘L’Ariele’, è stato inaugurato a Conegliano Veneto nel 1985), Fabio Brescacin (foto a destra), presidente di Ecornaturasì, preferisce ribadire che i movimenti ecologisti esistevano già dagli anni Sessanta e che, negli anni Ottanta, i segnali dell’insostenibilità di quel modello economico, basato sul consumismo sfrenato, c’erano già tutti. "Bastava saperli vedere", dice. A distanza di circa quarant’anni da quell’apertura rivoluzionaria, Brescacin è a capo di un gruppo che ha chiuso l’ultimo fatturato a quota 400 milioni di euro, è articolato in più di trecento negozi a insegna NaturaSì e comprende oltre trecento aziende agricole biologiche e biodinamiche collegate, di cui sei socie o partecipate.
Numeri importanti, capaci di raccontare una storia imprenditoriale di grande successo: "Ma il nostro obiettivo – spiega – rimane quello che avevamo agli albori della nostra avventura. Generare consapevolezza sull’importanza delle scelte che compiamo, ogni giorno, quando riempiamo il carrello della spesa". Già, perché i consumatori continuano ad avere, secondo Brescacin, un ruolo chiave nel sostenere metodi produttivi più o meno sostenibili e, dunque, nel contribuire, con le proprie decisioni d’acquisto, alla salvaguardia del pianeta e degli ecosistemi. "L’agricoltura è contemporaneamente causa e principale vittima del cambiamento climatico, come abbiamo visto in occasione dei recenti eventi atmosferici che hanno devastato alcune regioni italiane, distruggendo interi raccolti – dichiara – Sembra che non ci sia più alcuna possibilità di salvezza, in realtà questa possibilità c’è, si chiama agricoltura biologica e biodinamica. Sta ai consumatori decidere se continuare ad appoggiare i metodi di agricoltura intensiva e industriale, in parte responsabile della situazione attuale, o abbracciare metodi meno impattanti e maggiormente rispettosi della natura e dei ritmi delle stagioni".
Siamo davanti, dunque, a un ritorno all’antico, a una mitica età dell’oro in cui i metodi bucolici erano condotti in armonia con la natura e con il paesaggio agreste? Niente di più sbagliato, secondo Brescacin: "Al giorno d’oggi, il biologico e biodinamico richiedono professionalità, competenze avanzate e innovazione tecnologica, in misura probabilmente superiore all’agricoltura convenzionale – replica con decisione -. Per avere conferma basta recarsi nelle nostre aziende agricole, guidate per lo più da giovani che sono costantemente aggiornati sulle nuove tecnologie e le tecniche di produzione più avanzate".
Nel corso di quarant’anni, l’alimentazione biologica si è notevolmente diffusa, ma resta sempre la percezione che si tratti di una ‘nicchia’ di mercato, riservata a un’utenza con un elevato potere d’acquisto. Come cambia il mercato del bio ai tempi dell’inflazione e dei rincari generalizzati? "Nell’ultimo anno, in realtà, il gap di prezzo tra biologico e convenzionale si è ridotto – conclude Brescacin – perché il convenzionale si è dimostrato molto meno resiliente e più vulnerabile ai cambiamenti climatici".