Lunedì 29 Aprile 2024

I lampioni delle smart city diventano hub tecnologici

SEMPRE PIÙ ANTENNE nelle skyline di grandi città e piccoli borghi. Infastidiscono gli amanti dell’estetica, preoccupano i residenti e spesso...

I lampioni delle smart city diventano hub tecnologici

I lampioni delle smart city diventano hub tecnologici

SEMPRE PIÙ ANTENNE nelle skyline di grandi città e piccoli borghi. Infastidiscono gli amanti dell’estetica, preoccupano i residenti e spesso sono oggetto di dibattito nei consigli comunali e negli uffici delle sovrintendenze. Polemiche che nei prossimi mesi torneranno alla ribalta con l’arrivo del 6G, che causerà una nuova raffica di riqualificazioni ed incremento delle Srb (stazioni radio base). Trovare la soluzione al problema sarà la prossima sfida che dovrà affrontare Towerlend, una start up nata nel 2018 in provincia di Siena, che si pone l’obiettivo di costruire antenne e strutture di nicchia customizzate per i giganti della telefonia come Tim, Windtre, Vodafone e Illiad senza trascurare le tower company come Inwit e Cellnex. A fondare Towerlend è stato Alvaro Gjeci (nella foto sopra a sinistra), classe 1994, un giovane imprenditore originario di Montepulciano. La sua sfida è titanica: convincere i giganti della telefonia che con investimenti più accurati (e green) il mondo si può cambiare partendo dall’estetica. Adesso l’azienda vuole entrare nel processo di crescita delle smart cities con una nuovissima e innovativa antenna, la T-Light, che di fatto è apripista di un nuovo modello a livello europeo.

È pensata per le città, un palo elegante che potrebbe ricordare dei lampioni ma che in realtà custodisce, in cima e al suo interno, tutto la tecnologia che le città chiedono: telecamere per controllare i passaggi, reti di connessione ai massimi livelli, sistemi per rilevare i cambiamenti climatici, domotica che garantisce coi pannelli solari il funzionamento di un impianto di illuminazione. Il tutto con dei circuiti capaci di mantenere la continuità elettrica ed evitare disservizi in caso di sovraccarichi. L’azienda presenterà questa innovazione nella primavera 2025, i dettagli progettuali sono molto impegnativi da gestire e serve del tempo per concretizzare il progetto. Il business funziona: fatturato in continua crescita (700mila euro, +17% nel 2023 con l’obiettivi di arrivare a 1,5 milioni nel 2024 grazie anche ad un accordo con un’importante cliente spagnolo), una decina tra collaboratori e dipendenti, trecento strutture progettate-fornite-installate nel corso del tempo praticamente in tutte le regioni italiane e un orizzonte di crescita enorme. "Lavoriamo per migliorare l’estetica delle telecomunicazioni e il nostro compito è quello di disegnare e costruire strutture che possano ospitare le richieste dei clienti, che sappiano durare nel tempo, capaci di rispondere a stringenti requisiti tecnici e una costante riduzione che creano sull’ambienta", spiega Gjeci. Nel corso degli anni, l’azienda ha registrato quattro brevetti, due a livello nazionale e due a livello europeo. "Rispetto ad una struttura standard, le nostre utilizzano un 15% in meno di carpenteria metallica", spiega Gjeci. "Per installarle – continua - impieghiamo in media il 18% in meno del tempo che serve ai nostri competitor. Ma la vera rivoluzione è la capacità di accogliere più operatori e configurazioni all’interno di esse, il che garantisce meno impatto visivo per i cittadini e più efficienza per il sistema della telefonia, senza dimenticare l’importanza dell’adeguamento sismico. Il nostro compito, alla fine, è quello di ridurre al minimo gli spazi occupati dai chip e dalle tecnologie che usiamo per rendere sempre più intelligenti le strutture".

L’altro brevetto è invece relativo alle strutture autoportanti in cemento armato prefabbricato a supporto di torri autoportanti con altezze variabili dai dai 25 ai 40 metri, l’azienda è riuscita a creare un prodotto che si può installare e rendere operativo in soli due giorni ed ospitare l’intera flotta di operatori telefonici italiana.

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