Venerdì 4 Ottobre 2024

Fare carriera? No grazie. Un lavoratore su due rinuncia

C’ERA UNA VOLTA un mondo del lavoro in cui fare carriera rappresentava un obiettivo importante da raggiungere. Poi le priorità...

Fare carriera? No grazie. Un lavoratore su due rinuncia

Fare carriera? No grazie. Un lavoratore su due rinuncia

C’ERA UNA VOLTA un mondo del lavoro in cui fare carriera rappresentava un obiettivo importante da raggiungere. Poi le priorità sono cambiate, soprattutto a seguito della pandemia, mettendo in primo piano il work life balance, ovvero l’equilibrio tra la vita privata e il lavoro, l’appartenenza, la flessibilità, oltre ai fattori materiali come lo stipendio. Perciò si è ridotta la spinta a ottenere una promozione sul lavoro, almeno secondo il Workmonitor, l’indagine realizzata da Randstad in oltre 30 Paesi, che ha messo sotto la lente ambizioni e motivazioni nello sviluppo professionale. Secondo la ricerca – che ha coinvolto oltre 26mila lavoratori di età compresa tra i 18 e i 67 anni – oltre metà degli italiani si dichiara "ambizioso" nella propria carriera, ma il 42% in questo momento non è concentrato nell’avanzamento di ruolo.

Più in generale, metà dei lavoratori (50%) sarebbe disposta a rimanere in un ruolo che gli piace anche se non ci fosse spazio per crescere e un terzo (34%) non desidera del tutto una progressione di carriera perché è già felice del ruolo attuale. Solo per il 35% una promozione o un nuovo ruolo rappresentano una priorità. Ma c’è un 34% di italiani che, potendo scegliere la massima ambizione professionale, non assumerebbe in ogni caso ruoli manageriali. Quasi metà (49%) degli italiani in passato ha richiesto al proprio capo un miglioramento di condizioni o retribuzione, ma solo il 13% ha minacciato di licenziarsi nella negoziazione.

Sempre secondo il Randstad Workmonitor, oggi per il 72% degli italiani il proprio lavoro è importante nella vita, in calo di 5 punti rispetto a un anno fa. Ma crolla soprattutto la motivazione: si dice "motivato" nel ruolo attualmente ricoperto il 60%, 9 punti percentuali in meno di un anno fa. Il 51%, invece, si dichiara "ambizioso" per la propria carriera. A influenzare l’ambizione sono soprattutto l’età, gli eventi della vita, gli obiettivi personali e le opportunità che si presentano.

I fattori più rilevanti nel lavoro per gli italiani sono principalmente l’equilibrio tra lavoro e vita privata (94%), la retribuzione (93%) e la sicurezza del lavoro (90%). Poi il "sentirsi realizzati" (87%), la flessibilità di orario (80%), il numero di giorni di ferie (79%), la formazione (79%), l’assicurazione sanitaria (75%). L’opportunità di un avanzamento di carriera è solo al nono posto, evidenziata dal 74% del totale, superando di poco la politica sui congedi parentali (70%), i valori del datore di lavoro (69%), la possibilità di lavorare da remoto (67%).

"Il Workmonitor evidenzia una forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso – commenta Marco Ceresa (nella foto), Group ceo di Randstad –. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone ma, oltre alla carriera, sempre più lavoratori includono anche altro nella definizione della propria ambizione professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità e di equilibrio con la vita personale. Esigenze che le aziende devono impegnarsi a soddisfare con politiche HR sempre più complesse e articolate".