Mercoledì 24 Aprile 2024

Precari, sfruttati e sottopagati: i giovani e la via crucis del lavoro

Il giuslavorista: "Mancano stipendi adeguati, non la voglia. Il Reddito di cittadinanza non c’entra"

I giovani e il lavoro: i dati in Italia e in Europa

I giovani e il lavoro: i dati in Italia e in Europa

Roma, 30 giugno 2022 - Da un lato Francesca, la giovane ventenne di Secondigliano, che si è vista offrire 280 euro mensili per 10 ore di lavoro al giorno in un negozio di abbigliamento. Dall’altro, la anonima datrice di lavoro che, di fronte al no cortese della ragazza, finisce addirittura per sbottare: "Eh, si vede che voi giovani non volete lavorare". Da un lato, le migliaia di Francesche che si ritrovano di fronte a opportunità occupazionali (si fa per dire) da pochi euro l’ora, in nero o con contratti da finte Partite Iva e prestazioni occasionali, o con tirocini fittizi, part-time involontari e via di seguito. Dall’altro, il moltiplicarsi di appelli (con tanto di nomi di grido, da Flavio Briatore ad Alessandro Borghese, ad Al Bano) sulla difficoltà o impossibilità di trovare giovani che vogliano darsi da fare e lavorare. Anche o principalmente – questo il corollario – a causa dell’effetto spiazzamento del Reddito di cittadinanza. Ma per chi conosce bene il mercato del lavoro, non ci sono dubbi.

"I nostri giovani – si infervora il leader della Cisl, Luigi Sbarra - non sono affatto fannulloni come sostiene qualcuno. Basta con questa retorica dannosa. La verità è che tante persone giovani e meno giovani si sottraggono oggi dal lavoro soprattutto stagionale perché sono costretti spesso ad orari di lavoro massacranti, turni pesanti e in molti casi anche dalla mancanza dall’applicazione di contratti maggiormente rappresentativi. Ci sono troppi contratti pirata in giro sul territorio nazionale". Sulla stessa linea anche un esperto come Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, il Centro studi fondato da Marco Biagi: "Anche la retorica dei giovani fannulloni, figli del benessere ha stufato. Accademici, politici, ma anche le imprese devono invece prendere atto che da oramai più di un decennio sta cambiando profondamente il rapporto tra le persone e il lavoro". Mentre, a sua volta, Maurizio Del Conte, professore ordinario di Diritto del lavoro alla Bocconi e regista della creazione dell’Anpal, esclude che giochi un ruolo il Reddito di cittadinanza: "Non spinge i giovani ad abbandonare il lavoro, semmai incentiva le imprese a reclutare in nero chi già beneficia del sussidio, abbassando sensibilmente le retribuzioni. Così si crea un mercato gravemente distorto verso il basso, che contribuisce al progressivo depauperamento del lavoro".

I casi di cronaca degli ultimi mesi, infatti, dicono che siamo ben oltre le vecchie definizioni che tanto fecero rumore e scandalo, come quella di "bamboccioni" dell’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, o quella di choosy dell’ex ministro Elsa Fornero. Oggi siamo alla dicotomia netta che qualifica i giovani o come sfruttati o come fannulloni, ma, tirate le somme, tra salari da fame e impieghi precari e dall’orario infinito, stage estenuanti spacciati per formazione continua, la conclusione alla quale giungono gli addetti ai lavori è che a mancare sono le retribuzioni minimamente adeguate e le occupazioni in condizioni umane, non la voglia dei ragazzi. Anche se la retorica del presunto rifiuto del lavoro rischia addirittura di essere paradossale: i millennials e i loro fratelli minori, dunque le generazioni tra i 18 e i 35 anni, si ritrovano oggi a pagare i costi sociali ed economici della pandemia, prima come disoccupazione, licenziamenti e cassa integrazione e oggi sotto forma di rapporti di lavoro precari, occasionali, intermittenti, formalmente di lavoro autonomo ma di fatto di impiego subordinato (dai co.co.co. alle false partite Iva) e contemporaneamente a essere tacciati di fannulloneria.

Mazzolati e beffati. Il punto è che non ci troviamo di fronte solo a remunerazioni da fame e in quanto tali illegali. Il punto è che, come indicano i dati Eurostat, anche lo stipendio medio degli assunti in regola per la fascia tra i 18 e i 24 anni è di 15.858 euro, contro i 23.858 euro in Germania, i 19.482 in Francia, i 23.778 dei Paesi Bassi e 25.617 del Belgio. Si spiega, allora, come anche per le offerte contrattualmente regolari vi sia comunque un problema di bassi salari. "Nel mercato del lavoro – incalza Del Conte – i giovani si comportano come ogni altro operatore razionale. In questa fase di forte domanda delle imprese i giovani hanno maggiori opportunità di scelta e, quindi, di rifiutare offerte non adeguate. Il problema è che spesso le offerte migliori sono fuori dall’Italia, così perdiamo i più motivati e qualificati".