Giovedì 25 Aprile 2024

La caccia ai talenti giusti? Le tre mosse di McKinsey

Un percorso per accompagnare l’azienda nel nuovo mondo del lavoro

Migration

"Cosa si racconterà della tua azienda nei prossimi dieci anni? Sarà celebrata come entusiasta ricerca nell’adattare la forza lavoro e le competenze alle nuove sfide dell’economia, o criticata per scarsi risultati operativi e mal contento dei dipendenti?". Scalda i motori con questo accattivante incipit l’ultimo report di McKinsey, gruppo leader nel consulting strategico aziendale, incentrato su mercato del lavoro e digitalizzazione e chiamato ‘Getting pratical about the future of work’ (letteralmente ‘Fare pratica con il futuro del lavoro’).

Uno studio interessante che vuole accendere i riflettori sulla necessità delle imprese di aggiornare le competenze dei propri dipendenti e ricercare, allo stesso tempo, figure flessibili in grado di adattarsi alle trasformazioni sempre più rapide e strutturali. I ‘cacciatori di teste’ (chi ricerca la figura più adatta a occupare una determinata posizione aziendale) farebbero meglio ad aprire le orecchie, il report parte da un dato simbolico: entro il 2030, il 30-40% di tutti i lavoratori dei Paesi sviluppati potrebbe avere bisogno di cambiare lavoro o di migliorare significativamente le proprie competenze, mentre i professionisti qualificati diventeranno sempre più rari. Lo scenario in realtà è già in atto, tanto che alcune delle più grosse aziende mondiali hanno cominciato a intercettare l’opportunità cominciando a investire su nuovi talenti.

Amazon ha recentemente stanziato 700 milioni di dollari per la riqualificazione di 100mila dipendenti per lavori più qualificati in campo tecnologico – si va dai dipendenti di magazzino ai ‘Basic data analyst’. JPMorgan Chase, la multinazionale americana di servizi finanziari, ha impegnato 350 milioni di dollari distribuiti in cinque anni con l’obiettivo di sviluppare competenze tecniche a richiesta elevata, in parte destinate ai propri lavoratori; Walmart – multinazionale di negozi di distribuzione al dettaglio, prima al mondo a livello di fatturato – ha già investito più di due miliardi di dollari in salari e programmi di formazione, tra cui ‘Walmart Pathways’, che educa i dipendenti entry-level sul modello di business dell’azienda e aiuta i lavoratori a sviluppare preziose ‘soft skills’.

La stessa McKinsey ha avviato in Italia ‘Generation’, l’iniziativa no profit nata nel 2015 a livello globale per contribuire a ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile, colmando il divario tra domanda e offerta di lavoro con una metodologia specifica che parte dalle esigenze delle aziende per identificare i gap formativi. McKinsey indica, poi, tre fasi chiave che una trasformazione di successo comporta: innanzitutto lo ‘Scouting’, il momento in cui l’azienda sviluppa un’analisi del proprio futuro in ambito digitale e automazione e del valore totale di quella proiezione, identificando le più importanti lacune di competenze e guardando alle esigenze future per valutare la prontezza dell’organizzazione a raggiungere gli obiettivi. Poi lo ‘Shaping’, cioè ridisegnare l’ambito lavorativo a seconda delle esigenze di digitalizzazione attraverso programmi di ‘upskilling’, spesso insieme ai dipendenti. Questa fase prevede anche lo sviluppo di un “acceleratore di talenti” per facilitare l’impiego delle nuove leve nei ruoli futuri più importanti. Infine, lo ‘Shifting’: trasferire le attività relative allo sviluppo dei talenti su una scala più ampia. Un percorso guida ben strutturato, che può guidare le imprese attraverso il nuovo universo del lavoro.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro