Mercoledì 24 Aprile 2024

Petrolio, le variabili che formano il prezzo della commodity

Davide Biocchi

Davide Biocchi

di Davide

Biocchi

QUANDO si pensa alle materie prime ci viene oggi subito in mente il gas naturale, ma la commodity per eccellenza rimane il petrolio. Esso è negoziato in più piazze finanziarie, che sono di riferimento nelle diverse area geografiche. Così, per esempio, il petrolio quotato a New York, sul Nymex (New York Mercantile Exchange), si chiama Light Sweet Crude Oil, o più semplicemente Crude Oil, cioè petrolio greggio. Esso è il riferimento per gli Stati Uniti, mentre in Europa, da oltre un decennio, si assume come tale il prezzo del petrolio dei mari del Nord – il Brent – quotato a Londra. Spesso si è portati a monitorare il prezzo del greggio per desumerne i saliscendi dei carburanti alla pompa, ma sI tratta di un esercizio spannometrico, poiché prima di diventare combustibile per i nostri veicoli (siano essi a benzina o Diesel), esso deve passare dai processi di raffinazione. trasformazione e consegna, tanto più costosi al crescere dei prezzi dell’energia.

Il petrolio viene negoziato in dollari ed è molto sensibile all’andamento dei cambi, per cui è intuitivo che in Europa lo stiamo percependo assai rincarato visto che, solo nell’ultimo anno, il dollaro si è apprezzato del 20% sull’Euro. Il prezzo del petrolio fluttua in base alla legge di domanda e offerta; durante un rallentamento del ciclo economico ci si aspetta che il suo prezzo scenda, mentre è scontato che salga in presenza di robusta domanda. In realtà, alla sua quotazione contribuiscono anche altri fattori, quali eventi geopolitici, specie nello scacchiere mediorientale, di natura logistica (vedi gli enormi problemi di stoccaggio durante il Covid) e soprattutto l’attento monitoraggio dell’associazione dei produttori. Essa si chiama Opec, che diventa Opec+ (plus) nella versione allargata – un po’ come il G7, che quando si fanno meeting estesi diventa G20 – e si riunisce periodicamente, per prendere decisioni strategiche. Tra esse c’è l’agire sulla produzione, misurata in barili e soggetta a incrementi o tagli in base alla domanda.

Grazie a questa azione, i paesi produttori sono in grado di creare artatamente un effetto scarsità, che consente, per esempio e entro certi limiti, di contenere la discesa del prezzo, anche se la domanda latita, come succede ora. La partita è quindi più complessa di quanto appaia: coinvolgendo domanda, offerta, logistica, stoccaggio, geopolitica, politica e strategia, il prezzo del petrolio dipende infatti da tantissime variabili che lo rendono, a volte, imprevedibile.