Venerdì 26 Aprile 2024

Le polizze sulla vita più forti dei titoli di Stato

Polizza

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ALTRO CHE FONDI, azioni o titoli di stato. Per far fruttare i propri risparmi, milioni di italiani preferiscono ancora investire nelle vecchie e care polizze sulla vita. Parliamo di prodotti assicurativi che non servono però per coprirsi da determinati rischi, ma per mettere da parte un gruzzoletto e ottenere periodicamente dei rendimenti. Il settore assicurativo si divide infatti in due grandi rami. C’è il ramo danni, composto dalle polizze che tutelano da determinati imprevisti come gli incidenti stradali, gli infortuni o l’incendio della casa. In questo caso l’assicurato paga un premio in denaro e la compagnia si impegna a erogare un indennizzo, soltanto nel caso in cui si verifichi il sinistro. In caso contrario, il premio resta nelle casse dell’impresa assicurativa. Poi ci sono le polizze del ramo vita, che hanno un meccanismo di funzionamento ben diverso. Sono infatti contratti finanziari in cui l’assicurato paga una somma di denaro che viene poi investita dalla compagnia per farla fruttare nel tempo.

In questo caso, il premio versato resta di proprietà degli assicurati, diventa cioè un capitale messo da parte come risparmio. Le polizze del ramo Vita si dividono a loro volta i diversi sotto-rami: i due principali (secondo la classificazione degli addetti ai lavori) sono il Ramo I e il Ramo III. Del primo fanno parte tutte le polizze a capitale garantito in cui il capitale viene investito in fondi gestiti dalla stessa compagnia assicurativa (le cosiddette Gestioni Separate), il cui patrimonio è composto da titoli di stato e da obbligazioni di alta qualità e poco rischiose. Nel ramo III rientrano invece tutte le polizze ad alto contenuto finanziario, classificate nel settore con l’espressione inglese unit linked. Chi le acquista versa un premio in denaro (in un’unica soluzione o periodicamente a intervalli regolari), che viene impiegato in fondi comuni di investimento azionari, obbligazionari o bilanciati, ciascuno con un diverso profilo di rischio. Il capitale destinato alle polizze unit linked, a differenza di quanto avviene con i contratti del ramo I, non è garantito, ma dipende dall’andamento dei mercati finanziari. Se le borse sono in picchiata, le perdite delle unit linked azionarie possono essere consistenti. Se invece i mercati finanziari vanno a razzo, il sottoscrittore di queste polizze può ottenere guadagni assai cospicui.

Dal punto di vista fiscale, i rendimenti ottenuti con le polizze vita sono tassati con un’aliquota del 26%, esclusa la parte investita in titoli di stato, i cui interessi subiscono un prelievo più basso, pari al 12,5%. Su 100 euro di guadagni lordi ottenuti, dunque, l’assicurato ne incassa effettivamente 74, mentre 26 vanno allo Stato. In compenso, però, le somme investite nelle polizze non rientrano nell’asse ereditario e sono esenti a imposta di successione. Sono inoltre impignorabili e insequestrabili, anche se l’assicurato ha pendenze con il fisco o i creditori alle calcagna. Occhio tuttavia che questa regola non vale in sede penale: se il titolare della polizza commette dei reati, l’autorità giudiziaria può aggredire anche il suo patrimonio assicurativo. La cosa da valutare prima di decidere se sottoscrivere o meno una polizza da investimento è però soprattutto un’altra: il livello dei costi. Le polizze sulla vita sono infatti spesso dei prodotti onerosi, poiché soggetti a diverse commissioni e caricamenti da parte della compagnia, che trattiene per sé dei balzelli non trascurabili sui premi versati dall’investitore e sui rendimenti maturati ogni anno. Senza dimenticare che questi contratti hanno sempre delle scadenze prestabilite che partono da un minimo di 5 anni.