Giovedì 25 Aprile 2024

Il jazz ha tenuto il ritmo "Ma ora soffriamo un po’"

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"ANCHE SE negli ultimi due anni il jazz è il settore che ha reagito in maniera più dinamica alla crisi indotta dalla pandemia, quest’estate accusa un po’ la sovraofferta di spettacoli dal vivo" dice Luciano Linzi (in alto a sinsitra), direttore della Casa del Jazz di Roma e responsabile artistico del festival milanese JazzMi. "Lo spettatore è ‘bombardato’ da tantissime proposte e la tendenza, indotta anche da altri fattori come la cautela imposta dal Covid, è quella di decidere all’ultimo momento, con riflesso diretto sulle prevendite che rimangono ben al di sotto dei livelli 2019, controbilanciate però da sensibile incremento degli acquisti al botteghino. Un’abitudine, che penso ci porteremo avanti ancora per un paio di anni, a cui sfuggono solo gli artisti di forte richiamo che, grazie soprattutto all’attivismo del pubblico giovane e giovanissimo, sono i soli in condizione al momento di mettere a bilancio dei sold-out in anticipo".

Non disaffezione, ma un modo diverso di approcciare il live.

"Sicuramente i biglietti acquistati in prevendita per concerti che causa delle restrizioni non hanno poi avuto luogo, andando incontro a tutta una serie di rinvii, hanno generato nel pubblico un atteggiamento di cautela, stimolando la propensione all’acquisto last minute".

Cosa significa per voi non poter contare sulle prevendite o poterlo fare in maniera parziale?

"Nella pianificazione dei cartelloni si fanno delle stime su cui le nuove dinamiche hanno avuto un certo impatto; la difficoltà a decretare in anticipo il successo o meno di un concerto in base ai dati di prevendita, infatti, comporta la conseguenza di mettere maggior cautela nell’accollarsi il rischio di programmazioni onerose o con alti margini d’incertezza".

Il jazz finora ha affrontato bene le difficoltà.

"La musica afroamericana non ha bisogno delle super produzioni del pop o del rock, questo durante la pandemia gli ha regalato un’agilità decisiva nel fronteggiare l’emergenza. Alla Casa del Jazz, per esempio, nell’estate 2020 ‘CdJ Reloaded’ ha messo in cartellone 55 concerti con la presenza di 8 mila spettatori, mentre nel 2021 ‘Si può fare Jazz’ è arrivata a 75 concerti con oltre 16 mila spettatori".

La pandemia era arrivata poco dopo il cambio di rotta.

"Quattro anni fa è iniziata la gestione della Casa del Jazz da parte della Fondazione Musica per Roma, quindi dell’Auditorium Parco della Musica, con un piano di rilancio mirato al riposizionamento della istituzione. Gli adempimenti burocratico-amministrativi legati al passaggio della gestione da Azienda Speciale Palaexpo alla nostra ha determinato nei primi sei mesi del 2018 una chiusura della struttura superata grazie ad una soluzione che ci ha permesso di ripartire in tempi rapidi con un cartellone di livello: ospitare un serie di esibizioni programmate dal Roma Jazz Festival diretto da Mario Ciampà".

Quindi gli effetti dellla nuova gestione si sono potuti toccare con mano solo nell’estate 2019.

"Sì con 20 concerti che hanno richiamato 11 mila spettatori, solo un primo passo rispetto a quanto accaduto poi, nonostante il Covid".

E quest’anno?

"Iniziata il 5 giugno, ‘Summertime 2022’ è già oltre i 7 mila spettatori con un aumento medio di presenze del 25%. A questo, ovviamente, contribuisce la capienza piena, che è di circa 900 posti a spettacolo, anche se durante la pandemia la conformazione del parco in cui si tengono gli eventi consentiva comunque di arrivare a 600".