Venerdì 26 Aprile 2024

Il crac Silicon Valley. In Europa vince la linea dei falchi. "Tassi ancora su"

L’effetto domino dei fallimenti americani non ferma i rigoristi. Isolate le colombe italiane: 16 membri Bce su 26 per la linea dura

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Christine Lagarde ha messo le mani avanti in più occasioni. Anche di recente: "Sono molto cauta. Ho avuto modo di vedere falchi trasformarsi in colombe, e colombe trasformarsi in falchi". Eppure, anche se la presidente della Bce non è più quella "civetta" che si definì all’inizio del suo mandato, ha assunto un atteggiamento tutto "tecnicista", al punto da diventare la paladina dell’aumento dei tassi per la stabilizzazione dei prezzi a ogni costo. Anche a costo di far deragliare l’economia verso la recessione o di frenare la crescita o, dopo l’esplosione del caso Svb, di determinare un grave problema di liquidità in Europa per le imprese e di tenuta delle banche.

Il punto, però, è che la Lagarde non è sola o isolata al vertice della Bce, ma sulla sua linea rigida e univoca ("Fare tutto quello che serve") si sono schierati anche insospettabili ex colombe o, comunque, ex mediatori. Ma non è il caso dell’ultimo a iscriversi al partito dei falchi, perché lo era anche nel suo Paese: parliamo dell’ultimo entrato nel Consiglio direttivo di Francoforte, il capo della Banca centrale della Croazia, Boris Vujcic. Rigorista dichiarato, la new entry è fautore della tesi che predilige anche un calo del Pil pur di controllare l’inflazione.

Sicché, a conti fatti, secondo gli operatori di mercato e gli analisti sui 26 del Consiglio direttivo ben 16 sono su posizioni a favore del programma di incremento dei tassi senza se e senza ma. Mentre gli altri 10 sono quantomeno più dubbiosi sull’efficacia dell’operazione. A considerare quelli che contano per peso e influenza, tra i falchi rientrano storicamente i capi delle banche centrali di Germania, Austria e Olanda, Joachim Nagel, Robert Holzmann, Klaas Knot. Ma anche il finlandese Olli Rehn (antica conoscenza della politica dell’austerity di Bruxelles) è sulle stesse posizioni. E lo stesso discorso vale per il belga Pierre Wunsch. Ma, quel che è peggio, è che le colombe sono ormai una specie in via di estinzione nel Comitato esecutivo o Board dell’Eurotower. A parte la Lagarde, anche Isabel Schnabel non è per le mezze misure, come non lo è il vicepresidente Luis de Guindos. E anche Frank Elderson è ritenuto più prossimo ai falchi che alle colombe.

Non più tardi di qualche settimana fa, da Stoccolma, sede di un summit di banchieri centrali, la Schnabel, è stata netta: i tassi devono salire in modo sostenuto, non si possono fare gli errori degli anni Settanta in cui non si agì efficacemente contro l’inflazione, perché i benefici derivanti dalla stabilità dei prezzi sono enormi anche se le scelte possono risultare "non popolari".

È la nemesi storica del totem del 2 per cento (il livello di inflazione ideale secondo i manuali della Bce), come osserva più di un addetto ai lavori, rispetto agli anni di Mario Draghi e del Qi, il quantitative easing, quando i falchi si sono dovuti arrendere al Whatever it takes ("Qualsiasi cosa sia necessaria") dell’ex numero uno italiano. Ora, però, è la volta dei falchi. E non è un caso che il capoeconomista della Bce, Philip Lane, solitamente colomba, abbia sostenuto che la recessione "mite e breve" sia un buon fattore per agire più a fondo suio tassi.

Ma gli italiani sono ancora protagonisti, anche senza Mario Draghi. Tant’è che Fabio Panetta, l’unico connazionale nel Board, è diventato la colomba più influente del Comitato esecutivo. Per non parlare del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che non ha esitato a citare Eugenio Montale, per dire ai suoi colleghi che possiamo solo dire "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, in questo caso un’inflazione alta e prolungata". E dunque che "non apprezzo le dichiarazioni dei miei colleghi su futuri e prolungati rialzi dei tassi. Non so, non sappiamo abbastanza".

 

 

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