Mercoledì 24 Aprile 2024

Greyhound, un mito al capolinea (in Canada)

La storica compagnia americana affossata da Covid e concorrenza low cost. Restano così a piedi le zone rurali e le comunità indigene

Migration

di Nicoletta Magnoni

L’iconico torpedone americano, quello che macina polvere nell’entroterra più profondo, ha spento i motori in Canada. Per Greyhound il viaggio finisce lì, non ci sono più passeggeri. Il trasporto privato su gomma si arrende alla concorrenza low cost delle piattaforme di condivisione dei viaggi. E i canadesi delle zone rurali restano a piedi. Modello andato in crisi cui, paradossalmente, oltreoceano fa da contraltare la nascita di una nuova compagnia privata, l’italiana Itabus, partita proprio nello stesso momento in cui la canadese tira il freno. Sono due visioni del trasporto che si misurano con un’epoca in cui il pullman torna, sì, fra le abitudini dei viaggiatori, ma in una versione nuova, moderna: flessibilità a prezzi bassi. La centenaria Greyhound, già reinventatasi per sostenere la concorrenza venuta dal cielo, non ha retto alla nuova chiamata alla metamorfosi. "Il nostro servizio si basa sulla vendita dei biglietti – recita la nota di chiusura –. Non siamo più in grado di garantire l’attività, vista la notevole riduzione di passeggeri e ricavi".

Una lenta agonia, iniziata nel 2018, quando la compagnia aveva tagliato molti collegamenti nel Paese, soprattutto per l’offensiva su rotaia e dei bus pubblici, lasciando fermate solo in Quebec e in Ontario. Ora anche quelle tratte sono giunte al capolinea. Il Covid ha inferto il colpo di grazia, facendo calare i passeggeri del 95%. Gli autobus viaggiavano vuoti. "Un anno intero senza entrate ha reso purtroppo impossibile continuare l’attività", ha spiegato con sincero rammarico Stuart Kendrik, vicepresidente di Greyhound Canada. A poco sono serviti gli appelli lanciati, anche dal sindacato dei lavoratori dei trasporti, al governo di Justin Trudeau. Il premier, dicono, ha risposto con "investimenti trascurabili". Briciole disperse lungo la strada. "È una notizia devastante per le migliaia di canadesi delle comunità indigene che si spostavano solo grazie alla Greyhound", l’amaro commento del leader sindacale John Costa. Oltre mille destinazioni sono scomparse dalla mappa. Così, il bus chiamato desiderio tradisce i suoi pendolari. E infrange un mito.

Da quelle parti si dice che l’unico modo per conoscere l’America profonda sia viaggiare con Greyhound. L’autista, una volta chiuse le portiere, augura buon viaggio ai passeggeri con la frase di rito: "Rilassatevi e godetevi l’America". Su quei sedili si è seduto Sal Paradise, alias Jack Kerouac, nel suo viaggio di formazione On the road. Così si spostavano, nel 1942, le truppe Usa per raggiungere le basi collegate all’Europa. E prima ancora gli operai pagavano 15 cent per arrivare alla miniera di ferro nei pressi di Hibbing, Minnesota, dove Greyhound è nata.

Correva l’anno 1914: due minatori immigrati dalla Svezia, in cerca di fortuna, la trovano nella loro intraprendenza. Uno, Carl Wickman, si industria nel doppio lavoro di operaio e autista che, col proprio mezzo, fa la spola per dare un passaggio agli altri minatori. Negli anni, altri autotrasportatori si uniscono e nel ’26 l’attività estemporanea viene organizzata in una società, la Greyhound Corporation. La sede è a Dallas, Texas, e lì rimane anche dopo che il colosso nel 2007 diventa il braccio Usa della britannica First Group. Un passaggio di mano che nulla cambia. Il logo resta il levriero (greyhound, appunto), uno degli animali più veloci al mondo. Ma il mondo è andato più veloce del levriero canadese.

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