Giovedì 25 Aprile 2024

Dipendenti pubblici: quanti sono in Italia e perché il loro numero è calato

Il rapporto è passato dal 6,4% della popolazione nel 2002 all'attuale 5,7%. Per tornare nel 2026 alla media degli ultimi 40 anni occorrono 180mila assunzioni al netto dei pensionamenti

Renato Brunetta, ministro Pubblica amministrazione

Renato Brunetta, ministro Pubblica amministrazione

Milano - Nel momento in cui l’Italia si appresta a spendere i fondi del Pnrr, diventa cruciale avere una pubblica amministrazione efficiente che sia in grado non solo di presentare progetti di alta qualità ma anche di portarli a termine. E non è un caso che il ministro della Pa, Renato Brunetta, abbia promesso 100mila assunzioni quest’anno, che arriveranno a 1,3 milioni entro il 2026. Negli ultimi anni, infatti, il numero dei dipendenti pubblici è costantemente calato. Soltanto nel 2021, secondo il Ministero dell’economia, la riduzione è stata di 30mila unità.

L’anno scorso, il rapporto tra i dipendenti pubblici e la popolazione è stato del 5,7% contro una media degli ultimi quarant’anni del 6,1%. In cifre si tratta di 3,36 milioni di unità. I dati sono riassunti in una nota dell’Osservatorio sui conti pubblici (Ocp) che ricostruisce l’andamento dell’occupazione nel settore pubblico a partire dagli anni ’80. Un andamento che, con lo sblocco del turnover e con l’aumento dei pensionamenti, dovrebbe subire un’inversione di tendenza.

“Non è chiaro quale sia il piano di medio termine del Governo in termini di occupazione pubblica” si legge nella nota “ma ci sono indicazioni che il numero netto di assunzioni possa essere elevato, nonostante la digitalizzazione della pubblica amministrazione possa portare a risparmi di personale”. Se l’obiettivo è tornare al rapporto tra occupati e popolazione del periodo 1980-2021, i dipendenti pubblici dovrebbero salire da 3,36 milioni a 3,54 milioni nel 2026. Considerando solo i lavoratori a tempo indeterminato, invece, questi dovrebbero aumentare dai 3,24 milioni attuali a 3,42 milioni.

In ogni caso, va sottolineato come il settore pubblico abbia attraversato diverse fasi negli ultimi anni, alternando periodi di contrazione ad altri di espansione. Durante gli anni ’80, infatti, il rapporto tra dipendenti pubblici e popolazione è cresciuto, passando dal 5,6 al 6,5%. Un incremento, si legge nella nota dell’Ocp, dovuto alle numerose assunzioni avvenute “in un periodo in cui la popolazione italiana è stata quasi stazionaria”. Tra il 1990 e il 2002 il rapporto, poi, è rimasto stabile: la discesa registrata nella prima metà degli anni 90 è stata compensata da una rapida risalita nel 1999. Con il risultato che il numero di dipendenti pubblici nel 2002 era sostanzialmente uguale a quello del 1990, sia in numeri assoluti (circa 3,7 milioni) sia in termini relativi (6,4%). A partire dal 2002, il rapporto è calato, raggiungendo il minimo storico nel 2014 a quota 5,5%.

A causare la contrazione è stato, in primo luogo, l’aumento della popolazione determinato dalla regolarizzazione degli immigrati residenti. E poi il blocco del turnover stabilito dalla legge finanziaria del 2006 e in vigore dal 2008. Una decisione che serviva a limitare la spesa dello Stato, lievitata in seguito all’aumento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici nei primi anni 2000. La moratoria delle assunzioni ha impedito la sostituzione del personale fino al 2018, con l’eccezione della scuola e, in parte, della sanità. Il risultato è stata una diminuzione delle “unità di lavoro” (e cioè di un dipendente a tempo pieno o di due part time) del 6,6% tra il 2008 e il 2018.

“Dal 2014 a oggi” prosegue la nota dell’Ocp, “il rapporto è cresciuto per la riduzione della popolazione italiana, mentre l’occupazione rimane pressoché stazionaria”. Il valore del 2021, pari al 5,7%, è “basso” ma “solo moderatamente al di sotto della media (-6 per cento)”. Se il rapporto dell’anno scorso fosse stato pari alla media 1980-2021, i dipendenti pubblici avrebbero dovuto essere 3,6 milioni invece di 3,36 milioni.

Tuttavia, dal momento che nei prossimi anni la popolazione italiana è prevista in diminuzione, per tornare al livello medio registrato nel periodo, l’incremento degli occupati nel settore pubblico dovrebbe salire, al netto dei pensionamenti, di 180mila unità. Ma è soprattutto l’invecchiamento del personale il problema da risolvere. Anche perché, a fronte di competenze digitali in continua evoluzione, per avere una pubblica amministrazione efficiente e al passo con le sfide del futuro è necessario assumere più giovani. Negli ultimi vent’anni, infatti, “l’età media del personale nel settore pubblico è aumentata più dell’età media della popolazione italiana” con l’eccezione del periodo 2019-20, quando, in seguito all’esodo di numerosi dipendenti pubblici causato dall’introduzione di Quota 100, il trend si è invertito.

Secondo l’Ocp, il motivo principale dell’invecchiamento è stato il blocco del turnover. Hanno però influito altri due elementi. Il primo è stato l’abolizione della leva obbligatoria. Fino ai primi anni 2000, infatti, la coscrizione contribuiva a ridurre l’età media dei dipendenti. Il secondo elemento è rappresentato dalle maggiori competenze richieste per essere assunti. Per diventare dipendenti pubblici, infatti, servono periodi di formazione più lunghi rispetto al passato.