Mercoledì 24 Aprile 2024

Case green, quanto valore hanno perso le vecchie abitazioni dopo la direttiva europea

Oltre i due terzi del patrimonio immobiliare italiano andrebbe ammodernato per rispettare gli standard europei

Tra gli effetti della direttiva Ue sulle case green che ce n’è uno particolarmente preoccupante: il deprezzamento degli immobili più vecchi. Già adesso, del resto, si sta registrando una svalutazione delle case meno efficienti dal punto di vista energetico. Secondo una stima di Immobiliare.it, negli ultimi cinque anni le abitazioni che si trovano nella fasce dalla E in giù hanno perso l’8% del loro valore. Un trend che, in seguito alla direttiva Ue, non potrà che peggiorare. Già, perché le nuove norme europee, contenute nel pacchetto climatico Fit for 55, prevedono che tutte le abitazioni entro il 2030 rientrino almeno nella classe energetica E, per poi raggiungere, prima del 2033, la fascia D.

Per l’Italia, riuscire a soddisfare questi standard comporta uno sforzo immane. Soprattuto in termini di investimenti per ammodernare gli immobili. Stando ai numeri divulgati dall’Ance, bisognerebbe intervenire sui due terzi degli edifici residenziali italiani, almeno 9 milioni di unità.

A questo va aggiunto il patrimonio non abitativo e gli edifici pubblici. Se si pensa che il Superbonus 110 è costato 68,7 miliardi di euro (in termini di lavori 58 miliardi di euro) per ristrutturare e riqualificare soltanto il 5% del totale degli edifici unifamiliari e lo 0,8% di quelli plurifamiliari, ci si accorge delle cifre che sono in ballo.

Insomma, la transizione ha un costo e comporta delle conseguenze non trascurabili per l’Italia. Il nostro Paese conta un parco immobili vecchio e una grande diffusione della proprietà immobiliare (e non solo per le prime case). E in meno di dieci anni si chiede ai proprietari di intervenire sulle proprie case e ristrutturarle.

In mancanza di adeguate agevolazioni però il costo dell’operazione green potrebbe essere salato e ricadere in modo importante sui cittadini, i quali, inoltre, vedranno svalutato il proprio patrimonio immobiliare. Dei circa 10mila miliardi di ricchezza detenuta dagli italiani, infatti, oltre la metà è rappresentata da case e appartamenti, che perderanno valore nel momento in cui verranno penalizzati dall’entrata in vigore della direttiva Ue.

Come detto gran parte degli edifici italiani è vetusta: i dati Istat dicono che almeno 8 milioni di edifici sono stati costruiti prima che, con lo shock petrolifero del 1973, si varassero norme che rendevano obbligatoria per gli immobili nuovi l’adozione di misure tese a contenere i consumi dell’edificio.

Secondo gli ultimi dati Enea pubblicati a novembre, nelle certificazioni effettuate nel 2021 le abitazioni di classe E F G (quelle per cui bisognerebbe intervenire) erano il 76% del totale, una quota che rappresenta soltanto un piccolo passo in avanti rispetto al 77% dei cinque anni precedenti. Per ottenere un miglioramento di classificazione quasi tutti questi edifici - dalla norme europee sono esclusi gli immobili storici - dovranno per forza effettuare gli stessi lavori previsti oggi per il Superbonus: coibentazione, cambio della centrale termica, sostituzione degli infissi e installazione di pannelli solari. Se i proprietari non volessero effettuare tali interventi, l’immobile perderebbe di valore nel momento in cui dovesse venire venduto.

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