Giovedì 25 Aprile 2024

Inverno demografico: ecco quanto ci costerà. L'impatto sul Pil

Bankitalia: per contenere le conseguenze economiche del calo delle nascite serve aumentare la produttività. Ma l'immigrazione non basta a compensare la perdita di forza lavoro

Nascite in calo in Italia

Nascite in calo in Italia

Le cifre le ha messe nero su bianco l’Istat a settembre: nel 2050 l’Italia perderà 5 milioni di abitanti, passando dai 59,2 milioni del 2021 a 54,2 milioni. Un declino che sembra ormai inarrestabile. E che avrà un impatto fortissimo sull’economia del nostro Paese.

I dati Istat: quanto calerà il Pil

Già, perché meno abitanti significa meno consumatori e meno persone in età da lavoro: in una parola meno ricchezza. Al Meeting di Rimini dell’anno scorso, il presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, aveva stimato l’effetto dell’inverno demografico sull’economia italiana. “Il Pil di oggi è circa sui 1.800 miliardi, nel 2070 avremo qualcosa come 1.200 miliardi, cioè 560 miliardi in meno, ossia un 32% di Pil in meno solo per il cambiamento di carattere demografico”. Insomma, una perdita enorme di ricchezza, che renderà anche più difficile riuscire a sostenere le spese per pensioni e sanità che, a fronte dell’invecchiamento della popolazione, tenderanno a gonfiarsi. E dire che, solo nel 2014 sembrava che gli italiani dovessero arrivare a quota 61 milioni: oggi, invece, siamo già scesi a 59. Il problema, ovviamente, è legato alla denatalità.

L'Onu

Un recente rapporto dell’Onu - persino più catastrofico delle proiezioni Istat dal momento che prevede che la popolazione italiana calerà a 32 milioni nel giro di due generazioni - pronostica che, tra il 2050 e il 2060, l’Italia arriverà allo squilibrio di 350mila nati contro 800mila morti annui. Questo mentre la Francia, che ha un generoso sistema di incentivi a favore della natalità, nel 2022 ha visto le nascite tornare a crescere. Un dato su tutti: con soltanto sei milioni di abitanti in più, la Francia fa quasi il doppio delle nascite dell’Italia, 720mila contro meno di 400mila.

La 'ricetta' Bankitalia

Alla bomba demografica italiana aveva dedicato alcuni passaggi nelle sue considerazioni finali di fine maggio 2022 Ignazio Visco. Per il governatore di Bankitalia, l’unica ricetta è aumentare la produttività. "Il superamento dei fattori che frenano la crescita della produttività è reso ancora più necessario dalle prospettive demografiche. Queste comportano una tendenziale riduzione della forza lavoro, che solo in parte potrà essere contrastata da un miglioramento del saldo migratorio e da un aumento della partecipazione al mercato del lavoro. Le più recenti proiezioni dell’Istat delineano nei prossimi 15 anni una diminuzione della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni pari al 13 per cento (circa 5 milioni di persone, di cui la metà nel Mezzogiorno); nella classe di età compresa tra i 24 e i 70 anni, utile a tenere conto dell’aumento prospettico degli anni di istruzione e della vita lavorativa, il calo è di poco inferiore a 3 milioni". Del resto è stata la stessa Banca d’Italia a fare i calcoli sull’impatto della riduzione della popolazione sulle variabili economiche. Secondo uno studio del 2018, la decrescita demografica del nostro Paese porterà, da qui al 2061, a una diminuzione del Pil pro capite del 16,2% (rispetto al livello del 2016). Il Pil totale invece si contrarrà del 24,4%. Il calo potrà essere in parte compensato solo da un aumento della produttività, nell’ordine dello 0,3% annuo, o dall’innalzamento dell’età della pensione ad almeno 69 anni, necessario a rallentare la diminuzione della forza lavoro.

E questo è lo scenario intermedio. Se si considera quello peggiore, ovvero in assenza di flussi migratori e con una riduzione della natalità anche tra gli immigrati, il calo del Pil sarà pari al 50,1%. A incidere sulla dinamica del prodotto lordo sarà la diminuzione della popolazione in età da lavoro che, dopo aver raggiunto un massimo del 70% all’inizio degli anni ’90, negli ultimi venticinque anni ha cominciato a calare e continuerà a farlo nei prossimi 50, per scendere sotto il minimo storico del 59% registrato nel 1911 a partire dal 2031.

L'immigrazione non basta 

Insomma, il dividendo demografico, ovvero la crescita economica che può derivare dall’aumento nella quota di popolazione in età lavorativa, è divenuto negativo a partire dall’ultimo decennio del ventesimo secolo. Ma la denatalità potrebbe aver avuto un impatto ancora maggiore se non si fosse registrato negli ultimi 25 anni un significativo flusso migratorio in entrata. Tuttavia, come avverte la stessa Bankitalia, l’immigrazione potrà certo limitare il calo della popolazione in età lavorativa ma non sarà in grado di invertire il segno negativo delle dinamiche demografiche. In altre parole, di abitanti, nella Penisola, ce ne saranno sempre meno.

Il ruolo del Covid 

Come se non bastasse, nel 2020 è arrivato il Covid a rendere tutto molto più complicato. Al punto da spingere la stessa Bankitalia a redigere un altro studio specificamente dedicato alle conseguenze della pandemia: "Alcune valutazioni sul probabile impatto demografico della crisi Covid-19". In questo caso, rispetto al non certo lusinghiero trend degli anni precedenti, sia per le mancate nascite sia per i minori arrivi di immigrati, si genererebbe "una contrazione aggiuntiva della popolazione 15-64 di circa 1,3 milioni nel 2040 e tra 1,6 e 3,4 milioni nel 2065". Un impatto pesantissimo, soprattuto alla luce del fatto che andrebbe a incidere su una situazione tutt’altro che rosea: le previsioni dell’Istat precedenti alla pandemia già segnalavano un calo atteso di circa 9 milioni di abitanti entro il 2065. In questo caso, la contrazione del Pil riconducibile solo agli effetti demografici del Covid sarebbe compresa tra 5 e i 16 punti percentuali.

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