Giovedì 25 Aprile 2024

Autostrade, domande e risposte per capire se l'Italia ci ha guadagnato

Negli ultimi vent’anni i privati hanno incassato dividendi e fatto pochi investimenti. Ora il governo promette di cambiare: tariffe meno costose e più manutenzione

Autostrade, foto generica (Ansa)

Autostrade, foto generica (Ansa)

Privatizzazione? Non è stata gestita bene.

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha parlato di una privatizzazione sbagliata. E, in effetti, non tutto è andato per il verso giusto se è vero che, mentre i bilanci dei Benetton si riempivano di utili, gli investimenti venivano effettuati con il contagocce. Un sistema che, d i fatto, ha trasformato negli anni Aspi, Autostrade per l’Italia, in una gallina dalle uova d’oro per il gruppo di Treviso. Negli ultimi vent’anni, secondo stime attendibili, Aspi ha distribuito dividendi per oltre 10 miliardi di euro. Almeno il 30% è finito nelle tasche dei Benetton. Una performance garantita da un sistema di remunerazione del capitale investito e da criteri di adeguamento delle tariffe giudicate da sempre molto vantaggiose per il socio privato e più penalizzanti per le casse pubbliche. Bisognerà aspettare il nuovo piano industriale del gruppo per capire in che modo la situazione sarà riequilibrata. E, soprattutto, se la società anche sotto l’ombrello dello Stato continuerà a produrre utili e non perdite.  

Il futuro di Aspi? Gli investitori non mancano. 

Per ora l’Aspi parte con un indebitamento di circa 10 miliardi. Oltre la metà, 5,5, è proprio nei confronti di Atlantia, la società del gruppo Benetton che controlla oltre l’80% del pacchetto azionario di Autostrade per l’Italia. Aspi, quindi, parte con un indebitamento molto alto. Ma che potrebbe essere ’ristrutturato’ nei prossimi mesi quando il governo ridefinirà il valore e il perimetro della concessione.  Infatti, una volta chiariti questi punti, Aspi torneranno a essere una società ’bancabile’, nel senso che avrà un rating investment grade e potrà trovare sul mercato investitori disposti a finanziarla.

La rete sarà più efficiente? E' una promessa.

Aspi ha già presentato un piano di investimenti di oltre 21 miliardi, 14 per ammodernare la rete e 7 per la manutenzione. Soldi da investire entro la fine della concessione, nel 2038. La metà del progetto dovrebbe essere completata nei prossimi 4 anni. Il piano è focalizzato su realizzazione di nuove infrastrutture, digitalizzazione, mobilità sostenibile. Consistente anche il capitolo dedicato a sicurezza sulle strade, cantieri, luoghi di lavoro di Aspi. Una svolta rispetto al quadriennio precedente, quando gli investimenti no.

Ci saranno licenziamenti? No, si assumerà.

L’ingresso dello Stato dovrebbe fornire ampie garanzie sulla tenuta occupazione dell’azienda che ha un organico di circa 7mila lavoratori. Anzi, nel piano già preparato da Aspi era anche previsto, nel prossimo quadriennio, assunzioni di 1000 persone tra ingegneri, tecnici, operai, addetti autostradali ed esattori. Ora il pallino passerà nelle mani della nuova governance di Autostrade, dove un ruolo predominante sarà svolto dal socio pubblico attraverso Cassa Depositi e Prestiti. È difficile ipotizzare che ci possano essere conseguenze negative sull’occupazione. Ora lo scenario è completamente cambiato.

E le tariffe? Niente aumenti e tagli futuri.

La buona notizia per gli italiani è che le tariffe autostradali, quasi sicuramente, diminuiranno. Nell’accordo raggiunto a Palazzo Chigi è previsto, infatti, che Aspi si adeguerà alle nuove regole per la definizione dei pedaggi fissate dall’Autorità dei trasporti. Regole basate sul principio del price cap e quindi, con un tasso di remunerazione del capitale investito che non potrà superare il 7,09%.  Inoltre, le tariffe potranno essere aumentate solo se sarà rispetto il piano degli investimenti. In caso contrario, potranno calare.  Per quanto riguarda Aspi, è previsto una graduale riduzione dei pedaggi del 5% all’anno. Ma ovviamente, la decisione spetterà ai nuovi soci di maggioranza di Autostrade e, in particolare, a Cdp.  Per il momento Aspi si è comunque impegnata a ritirare tutti i ricorsi attualmente pendenti contro lo Stato. Compreso quello presentato per contestare il nuovo regime tariffario stabilito dall’Autorità dei Trasporti.

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