Venerdì 26 Aprile 2024

Le assunzioni nella scuola, cartina di tornasole della "qualità del futuro"

C’è una grande contraddizione in chi invoca da un lato il miglioramento della Pa italiana e dall’altro non prende sul serio il reclutamento nel settore pubblico. Purtroppo è del tutto evidente che la qualità dei servizi dipende fortemente dalla qualità del personale. Per capire questo nesso logico ed evidente prendiamo ad esempio il settore della scuola.

Francesco Verbaro

Francesco Verbaro

E’ in corso all’interno della maggioranza un conflitto sulle modalità di reclutamento nella scuola in questa fase. Da un lato chi vuole garantire una qualità dell’istruzione attraverso sistemi di selezione degli insegnanti con procedure concorsuali, dall’altro chi ritiene (compresi i sindacati), alla luce dell’emergenza e dell’avvio del nuovo anno scolastico, di stabilizzare almeno 32.000 docenti precari, senza neppure una prova selettiva semplificata.

Su questo punto c’è stato  un vero e proprio braccio di ferro sulla conversione in legge del decreto legge n.22 del 8 aprile 2020, a tal punto da far intervenire anche  il Presidente del Consiglio, che alla fine ha trovato un accordo: saranno aggiornate le graduatorie provinciali per avere i docenti in cattedra a settembre. Questi docenti, per entrare in ruolo dovranno comunque svolgere,  non più in là dell’autunno,  una prova scritta selettiva (che dovrebbe però essere a risposta aperta). 

In effetti il tema è uno di quelli che scotta, perché riguarda un settore, quello della scuola, che per anni è stato trascurato dalla politica, ma che invece rappresenta il cuore strategico di ogni Paese. Un Paese che “cura” la scuola crede nel futuro, nello sviluppo economico e nell’eguaglianza sostanziale. Purtroppo non possiamo non evidenziare il fatto che il tema del reclutamento nella scuola ha visto spesso interessi contrapposti e certamente di breve periodo.

La qualità dei docenti deve essere assicurata attraverso adeguati processi di reclutamento, che partano, dai fabbisogni rilevati, in un processo che deve essere costantemente programmato e scandito nel tempo, e non realizzato una tantum per sopperire all’emergenza della mancanza di docenti all’avvio del nuovo anno scolastico, ricordandosi di svolgere un concorso pochi mesi prima dell’ingresso a scuola degli studenti.

 

In questo vi è anche una forte responsabilità politica che ha da sempre visto la scuola come un bacino di voti degli insegnanti. I numeri sono elevati, parliamo di 900.000 tra docenti di ruolo e precari, che hanno  rappresentato, troppo spesso un costo sociale, piuttosto che un investimento strutturale in termini di competenze, professionalità e valorizzazione del merito. Se poi guardiamo alla loro composizione, leggendo i dati dei rapporti, dei circa 720.000 insegnanti di ruolo ben il 42 % ha un’età superiore ai 54 anni e solamente il 3% è sotto l’età dei 34 anni. Cambia tutto per il precariato dove dei circa 190.000 docenti supplenti, poco più del 7% supera i 54 anni e il 27% ha un’età sotto i 34 anni. Molti quindi tra i 34 e 54 anni. Una platea eterogenea che si è formata, nel tempo, sulla base di diversi tipi di graduatorie vecchie, quando va bene e solo in rari casi con procedure concorsuali.

E’ evidente che una procedura di stabilizzazione, orientata alla valorizzazione dei titoli ed esperienza, avrebbe  favorito l’immissione in ruolo degli insegnati con più anzianità a discapito di quelli più giovani, innalzando ulteriormente l’età media dei docenti di ruolo.  Appare quindi essenziale cambiare il punto di vista, facendo in modo di  passare  da un reclutamento centrato sulle necessità dei docenti a quello basato sui bisogni effettivi degli alunni e degli studenti, anche in una prospettiva demografica di medio periodo e tenendo conto delle esigenze territoriali.

In questo senso è necessario ripensare i percorsi di selezione per i docenti, le logiche delle graduatorie, focalizzando  l’attenzione su adeguati percorsi universitari, non senza una selezione rigorosa attraverso  prove concorsuali per l’immissione in ruolo, con l’obiettivo di testare  competenze proprie dell’essere un insegnate del futuro ( da qui a 10-15 anni). Competenze disciplinari e multidisciplinari, ma anche trasversali, come il lavorare in gruppo la leadership e la comunicazione, fondamentali per il lavoro e la società del futuro. L’interdisciplinarietà dell’approccio didattico e la contestualizzazione diventano importanti per la platea degli studenti digitali. Per questo la figura del docente necessita anche di essere valorizzata e meglio retribuita, per essere anche responsabilizzata sull’aggiornamento e formazione.

E’ importante quindi che questo concorso straordinario preveda una prova selettiva, e  che non si risolva come, precedentemente ipotizzato, con una semplice  sanatoria. Occorre guardare alle competenze dei docenti, che necessariamente devono essere aggiornate e orientate su una didattica efficace e coinvolgente. Quanto drop out registriamo e quanti titoli rilasciamo senza un reale apprendimento.  Inoltre, quella che costituisce oggi un’emergenza è la continuità didattica, soprattutto nelle aree interne e disagiate, con un pregiudizio sulla qualità dell’insegnamento. La cattiva mobilità, esclusivamente a favore dei docenti, che hanno maggior “voce” sindacale, non consente di soddisfare i fabbisogni reali del territorio secondo le specifiche classi di concorso.

Cattiva gestione e cattivo reclutamento fanno una cattiva organizzazione. Sarà banale dirlo, ma è così.

Molti purtroppo sono abituati a misurare l’adeguatezza dell’amministrazione dal numero di dipendenti, mentre oggi conta la qualità. In tutti i settori, a maggior ragione nella scuola. Sbagliare un dipendente ministeriale può non causare danni, lo si mette da parte, come si fa con circa il 15-20% dei dipendenti pubblici, ma nella scuola non è possibile e il danno è esponenziale.

La qualità della scuola si misura con i sistemi tanto odiati come quelli dell’Ocse e con la capacità di di fornire quelle conoscenze utili per “navigare” in una società stimolante ma sempre più incerta. Nella PA abbiamo avuto negli ultimi 20 anni oltre 4 stabilizzazioni, che non hanno portato alcun apporto alla qualità dell’amministrazione. Cerchiamo di ripartire dal settore scuola per  dare un futuro migliore al Paese e ai nostri figli. 

* Senior advisor Adepp, Presidente Formatemp esperto di formazione e PA