Mercoledì 1 Maggio 2024

Vittoriale, quel teatro perfettissimo. Moderno come il Vate

Si inaugura il restauro della struttura al Vittoriale. Giordano Bruno Guerri: "D’Annunzio un grande innovatore, e per niente fascista"

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Giordano Bruno Guerri si è scambiato l’anima con il Vittoriale degli Italiani. Ne è l’anima, ma D’Annunzio è anche la sua anima. Ora davanti al teatro ’perfettissimo’ che viene inaugurato domani lo sguardo si illumina nell’orizzonte di un Garda splendente e meraviglioso.

"Quando sono arrivato nell’ormai lontano 2008 ho deciso un piano di riconquista del Vittoriale, che si era ristretto nel corso dei decenni come un golfino di cachemire finito in lavatrice. Ora con il restauro completo del teatro ’perfettissimo’, come lo chiamava D’Annunzio, l’operazione è completata".

In che condizioni era il teatro?

"D’Annunzio non aveva fatto in tempo a finirlo per mancanza di fondi. La struttura era rimasta lì come quelle case dove i proprietari terminano i soldi e non intonacano".

Ce l’avete fatta voi.

"Grazie ai risparmi del Vittoriale che da dieci anni chiude il bilancio in attivo, a un generoso contributo della Regione Lombardia e al prestito a tasso zero di una banca. E abbiamo il più bell’anfiteatro del mondo. Già dal 2010 abbiamo inaugurato una stagione musicale di altissimo livello, sempre con il tutto esaurito. Adesso con il teatro rinnovato sarà ancora più bello".

Ogni anno il Vittoriale raddoppia i visitatori. Se ne è spiegato il motivo?

"E’ un luogo bellissimo, ci abbiamo lavorato tanto, ho fatto molto marketing. E sopratutto ho fatto un’opera di verità e di giustizia storica".

Che bisogno c’era?

"Ho defascistizzato D’Annunzio. Ho fatto capire che D’Annunzio col fascismo non c’entrava niente. Pensi che in ventimila oggetti che abbiamo al Vittoriale non ce ne è uno richiami il regime".

Eppure l’identificazione tra D’Annunzio e Mussolini è durata a lungo.

"Ho liberato D’Annunzio da questo marchio di infamia. Appena arrivato qui ho fatto sbaraccare le bancarelle che vendevano magliette con le scritte ’me ne frego’ e tutta quella paccottiglia nostalgica".

Che rapporti c’erano tra D’Annunzio e il fascismo?

"Il fascismo si appropriò del Poeta, ma non viceversa. Basta leggere la Carta del Carnaro, la costituzione fiumana. Tutto era meno che fascista".

Un documento avanzatissimo per l’epoca.

"Per dirne una, quando ancora in Europa si discuteva di voto alle donne e comunque in Italia non c’era, D’Annunzio stabilì che le donne potevano essere elette, dovevano fare il militare, prevedeva la partecipazione degli studenti nei consigli di istituto e dei lavoratori nei consigli di fabbrica, legalizzava il divorzio. Tutte cose che l’Italia avrebbe visto decenni dopo".

D’Annunzio è sempre stato molto moderno. Fu il primo a usare la parole ’Casta’.

"Tutti pensano che quell’espressione così celebre sia stata coniata da Stella e Rizzo, e invece fu D’Annunzio nel 1906 a usarla per primo".

Lei vede un D’Annunzio nella politica di oggi?

"È così difficile. Dove lo trovi uno che è stato romanziere, poeta, drammaturgo, amante celebre, soldato, conquistatore di territori...".

Forse Grillo? Anche lui è stato un giullare che ha anticipato temi politici e una nuova mutazione del linguaggio.

"No, guardi, c’è un tale abisso culturale. Se proprio dovessi indicare qualcuno direi al limite il mio amico Sgarbi. Anche se poi Sgarbi è Sgarbi".

L’esperienza fiumana fu cento anni fa. C’è dentro tutto il Novecento, i drammi e gli slanci innovativi.

"Sesso, droga e rock and roll".

Battute a parte.

"Non è una battuta. Ho azzardato più volte un paragone ardito, alla fine dei conti meno ardito di quanto si pensi, tra Fiume e il Sessantotto. Ambedue rivoluzioni di giovani con elementi libertari, contro la classe dirigente della loro epoca, e ambedue volevano cambiare la società".

Poi le cose andarono in modo diverso e venne il fascismo.

"Sarebbe venuto comunque. D’Annunzio non era un politico, sottovalutò l’abilità e la spregiudicatezza di Mussolini, che lo prese in giro. Il Duce faceva la spia a Giolitti, e lo tradì".

Le rivoluzioni le pensano i poeti, ma per portarle in fondo serve la cattiveria dei politici.

"Esatto. Quella è la morale della storia".