Giovedì 9 Maggio 2024

Terza dose, anche gli Stati Uniti danno il via libera

Continua il dibattito sul se, quando e a chi iniziare a somministrare la terza dose di vaccino anti-Covid. Anche se l’orientamento in Italia sembra quello di privilegiare i più fragili, c’è sempre l’incognita della comparsa di nuove varianti che possano eludere la protezione vaccinale rendendo inutile il richiamo. Intanto, negli Stati Uniti la Food and Drug Administration ha dato il via libera per le persone che hanno un sistema immunitario debole, e i primi dati pubblicati su Science confermano che il vaccino di Moderna offre uno scudo per almeno 6 mesi contro le varianti. La decisione Usa riguarda milioni di americani, come chi ha subito un trapianto o malati di cancro per proteggerli dalla variante Delta. In Israele invece si è deciso di procedere con la terza dose anche con gli over50 già immunizzati con due dosi cinque mesi fa.

In Italia le autorità non hanno preso una decisione e gli esperti sono cauti. La posizione prevalente sembra essere simile a quella statunitense, cioè di dare la terza dose eventualmente ai più fragili. "Potrebbe servire a dare un boost, cioè un potenziamento della risposta immunitaria, a chi ha già chiuso il ciclo", spiega Sergio Abrignani, membro del Cts e immunologo dell’Università di Milano. Secondo Carlo Perno, direttore dell’unità di Microbiologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, "per la maggioranza dei virus servono 3 dosi. È proprio la terza dose a stabilizzare l’efficacia del vaccino infatti. Per quel che riguarda il virus SarsCov2 non ci sono dati al momento di utilità clinica di una terza dose, ma ci sono evidenze che nei malati fragili, come trapiantati, anziani e persone con tumore, con le due dosi di vaccino si ha una risposta immunitaria molto inferiore a quella dei soggetti sani".