Mercoledì 24 Aprile 2024

I nuovi giovani amano scuola e prof

Sondaggio di Qn sugli under 18. Basta contestazioni. "Ma preparateci al futuro"

Studenti delle superiori in classe (foto di repertorio)

Studenti delle superiori in classe (foto di repertorio)

Roma, 20 gennaio 2019 - I giovani under 18 estremamente ‘innovatori’ per il modo in cui pensano la scuola del futuro. Lo studio condotto dall’Istituto Noto Sondaggi, su un campione di giovani tra i 15 ed i 18 anni non compiuti, evidenzia come nell’arco degli ultimi 30 anni ci sia stata una vera e propria rivoluzione dei comportamenti, degli stili di vita, dei bisogni e delle attese che ha inciso molto di più di quanto potesse condizionare un normale salto generazionale. Per quanto riguarda il senso di appartenenza verso la scuola bisogna notare che ben il 73% dei ragazzi intervistati dichiara che questa è una istituzione che condiziona il proprio stile, al pari quasi dei genitori (79%). Se l’affezione quindi è un elemento che caratterizza i giovanissimi nei confronti della scuola, allo stesso tempo dallo studio emerge però un senso acritico, visto che ben il 67% dice di accettare complessivamente la scuola così come è adesso.    Lungi da esprimere valutazioni per comprendere se il non essere critico debba essere considerato un valore o una mancanza di stimoli e di obiettivi di cambiamento, sicuramente questo atteggiamento è uno degli elementi di maggiore divisione rispetto alle generazioni precedenti, anche a quelle più contigue anagraficamente. Altro fattore che descrive il senso di appartenenza è il giudizio positivo che si esprime sui propri docenti, il 64% ne è soddisfatto, solo il 10% ha valutazioni negative. Entrando nel merito del percorso degli studi la condivisione dei programmi didattici è ritenuta soddisfacente dal 67% degli studenti. Se per la situazione attuale, dunque, le opinioni sono positive, invece se si pensa al futuro, o meglio quanto la scuola stia preparando i giovani per agevolarli ad entrare nel mercato del lavoro, le opinioni cambiano in maniera brusca.    Secondo il campione interpellato si dovrebbero prevedere anche altre materie di studio, per esempio insegnare più lingue contemporaneamente, informatica, economia e finanza in tutti i percorsi didattici. Al contempo, però, non si considerano inutili le materie che già sono oggetto dei programmi. Da questi dati si evince come i giovani guardino al futuro in maniera molto più razionale di quanto la stessa scuola sia in grado di fare e le richieste di miglioramento non sono etichettabili come ideologiche, piuttosto fortemente legate all’inserimento nel mercato del lavoro. Riassumendo si potrebbe dire più business e meno politica. È proprio il lavoro la tematica maggiormente avvertita. Solo il 10% pensa di avere già una occupazione nel futuro o di continuare l’attività dei propri genitori, ma il dato da sottolineare è che un ulteriore 66% non immagina ‘cosa farà da grande’.

(1. continua)