Venerdì 10 Maggio 2024
MATTEO
Cronaca

Si chiama Bond E ora lo racconta una donna

Matteo

Massi

Si chiama Sherwood. Kim Sherwood, professione scrittrice, attesa – a iniziare da domani – da una difficile sfida. Allargare l’orizzonte narrativo dell’agente segreto più famoso al mondo: James Bond. Materiale da maneggiare con cura, quando si parla di 007. L’inventore Ian Fleming è morto da quarantotto anni. Gli eredi dello scrittore hanno autorizzato la nascita di una nuova generazione di agenti Double 0 calandoli nella contemporaneità.

Per i puristi e per chi considera che solo Sean Connery possa incarnare, sul grande schermo, James Bond e proprio per questo ha mal digerito i successori sia che fossero Pierce Brosnan o Daniel Craig, non sarà (di certo) una bella sorpresa. D’altronde, così vanno i tempi e sono perfino un po’ scontati nel loro declinarsi, perché nella trilogia che ha in mano la Sherwood e uscirà da domani ci sono tre nuovi agenti con profili piuttosto prevedibili. L’identikit? Johanna Harwoord, 003, di madre algerina ed ex amante di Bond; il giamaicano Joseph Dryden 004 e l’asiatico Shid Bashir 009. Sono tutti, ovviamente, spietati e tutti con la licenza di uccidere. E tutti politicamente corretti.

C’era bisogno di tutto questo? Forse no. Certo, c’è il via libera degli eredi di Fleming, ma Fleming tratteggiò un James Bond che difficilmente si coniugherebbe coi tempi moderni, in cui la cancel culture ha il suo bel peso specifico. Se dal punto di vista dell’esplorazione narrativa non c’era probabilmente la necessità di un allargamento così ampio della platea di Bond, merita invece tutt’altro discorso la mano di chi scrive questa nuova trilogia. Per evitare, comunque, pregiudizi.

Ha senso stupirsi o solamente chiedersi perché sia una donna a scrivere (ora) di James Bond? Assolutamente no. Gustave Flaubert, un uomo, scrisse un capolavoro come Madame Bovary. E Agatha Christie ci regalò un formidabile Hercules Poirot. La risposta è già nella storia. Anche se difficilmente il nuovo James Bond ci entrerà.