Mercoledì 24 Aprile 2024

Serve una fase transitoria o sarà un autogol

Raffaele

Marmo

La soluzione al pasticcio del superbonus del 110 per cento rischia di essere un boomerang senza fine per il destino di migliaia di imprese della filiera dell’edilizia.

Senza riavvolgere all’indietro il film di una delle misure di incentivazione più benedette e controverse a un tempo e, dunque, senza risalire all’origine dei vizi e dei difetti dello strumento, quel che è certo è che l’intervento correttivo del governo Meloni, se non equilibrato, può avere l’effetto di un cerino accesso lanciato in una polveriera. Non è in discussione, infatti, la riduzione della percentuale di incentivo al 90. Così come va nella direzione giusta anche la limitazione della platea dei futuri beneficiari a seconda del reddito, nel caso delle cosiddette "villette".

Il problema drammatico, però, è la mancata soluzione della fase transitoria per quello che riguarda il nodo dei crediti accumulati e bloccati nei cassetti fiscali, senza la prospettiva concreta di uno sblocco a breve che dia ossigeno e liquidità a oltre 40 mila piccole e medie imprese in pericolo in vita.

L’Abi, l’Associazione bancaria italiana, e l’Ance, l’Associazione dei costruttori, come tutte le organizzazioni dell’artigianato, hanno lanciato più volte (da ultimo ieri) un grido di dolore sui fallimenti in arrivo in assenza di misure adeguate per evitare che scoppi la bolla. Dentro la maggioranza, la stessa Forza Italia ha sollevato con forza il problema. Non parliamo dei grillini di Giuseppe Conte, che considerano il 110 una loro bandiera.

Al momento, però, la nuova disciplina contenuta nel provvedimento varato dall’esecutivo è solo una frettolosa riscrittura di regole che sono cambiate cento volte nel giro di pochi anni. Il che indica una tendenza continuista all’intervento normativo provvisorio e instabile che ha segnato in negativo, per imprese e famiglie, la politica economica degli ultimi governi. E non se ne sentiva il bisogno. Anzi.