Mercoledì 24 Aprile 2024

Salvini obbligato a tornare governista

Bruno

Vespa

assenza dei ministri leghisti dal consiglio che ha approvato la delega fiscale è stata interpretata come la prova di forza del Capitano in un momento di debolezza, ma ha creato una situazione insostenibile che andava prontamente chiarita. Il prezioso chiarimento c’è stato e ha rafforzato sia Salvini, capo indiscusso del suo partito (come Giorgetti ha sempre riconosciuto), sia lo stesso governo che nelle intenzioni originarie di Mattarella e in quelle permanenti di Draghi deve restare di unità nazionale. Il presidente del Consiglio ha confermato il suo realismo. Ha con Giorgetti un antico rapporto solidale, ma ha ribadito di non voler commettere l’errore di cercare una corsia preferenziale per ottenere all’interno del governo consensi non condivisi da Salvini.

"Io parlo con il capo del partito" è una scelta vincente perché - nel confermare l’autorevolezza di Salvini - lo imbriglia entro un recinto di responsabilità che gli proibisce da questo momento scorrerie incontrollate.

Il capo della Lega aveva peraltro bisogno di questo chiarimento “governista” nel momento in cui è costretto dai risultati del centrodestra a rilanciare senza ambiguità la coalizione con Forza Italia e soprattutto con Fratelli d’Italia che nel primo turno delle amministrative gli ha succhiato parecchi voti. Al di là dei risultati dei ballottaggi, il centrodestra ha bisogno di recuperare compattezza in vista delle elezioni amministrative del 2022 e soprattutto delle politiche fissate per il 2023 ma che potrebbero essere anticipate all’anno prossimo. Tra quattro mesi, inoltre, si elegge il nuovo presidente della Repubblica. Un centrodestra unito ha la possibilità di condizionare per la prima volta la scelta. Pd e Cinque Stelle, divisi alla base molto più di quanto non lo siano ai vertici, stanno facendo l’impossibile per trovare una strada unitaria. La frantumazione del centrodestra sarebbe un regalo imprevisto e prezioso.