Venerdì 26 Aprile 2024

"Rocce, cerotti e l’insolito destino Così Lina mi ha cambiato la vita"

Giancarlo Giannini: giravamo con la sabbia negli occhi e con le piaghe ai piedi, anche fino alle 5 del mattino

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"Era una donna forte e dolcissima, Lina. Sapeva tutto di questo mestiere, e sapeva guardare una faccia come si guarda un paesaggio, senza stancarsi mai". Giancarlo Giannini ha girato con Lina Wertmüller cinque film, compreso quel Pasqualino Settebellezze che fu candidato a quattro premi Oscar nel 1977, e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, che pur senza vincere premi internazionali è diventato un cult assoluto, amato e citato all’infinito.

La vostra collaborazione è stata un punto di svolta per entrambi. Si può dire che ha cambiato le vostre vite?

"Senza dubbio sì, almeno per me – ricorda commosso Giannini –. Senza l’incontro con Lina, non so che fine avrei fatto. Quando mi proposi per ‘Mimì metallurgico’, nel 1972, nessuno voleva fare quel film, né Marcello Mastroianni, né Nino Manfredi. Lei mi disse: ‘Guarda, lì su quel tavolo c’è una pila di sceneggiature, di idee, di soggetti… guarda se trovi quella di ‘Mimì’. E io mi misi a cercare, e tirai fuori una ventina di pagine. Iniziò così una collaborazione straordinaria".

Come era lavorare con Lina?

"Significava lavorare fino alle cinque del mattino. Era ridere fino alle lacrime. Era avere coraggio, cercare sempre l’idea più folle, più imprevedibile, più audace".

Girare Travolti da un insolito destino quali difficoltà comportò?

"Prima di tutto, quelle ambientali. La sabbia negli occhi per giorni e giorni, e camminare a piedi nudi sulle rocce per settimane. Inventai dei cerotti strappati e ritagliati per riparare la pianta dei piedi di Mariangela, e anche i miei. E mentre la cinepresa si riempiva di sabbia, noi quelle rocce le chiamavamo ‘Wilkinson’, come le lame dei rasoi".

C’erano altri trucchi che Lina adottava?

"Girammo in grandissima velocità: per fare i primi piani che mancavano, invece che tornare sulla spiaggia li facemmo nei bagni dell’albergo! Fu un film molto artigianale, e proprio per questo forse più geniale".

Umanamente, come era il vostro rapporto?

"Era come avere un compagno; ci si poteva confrontare, affrontare anche, e rimanere amici. Eravamo un grande team, dalla stesura del soggetto fino al montaggio. Io avrei fatto tutto per lei: Lina, cosa vuoi che faccia? Devo camminare all’indietro? Lo faccio! Devo lavorare fino alle cinque del mattino? Lo faccio. Ero Pongo nelle sue mani".

Com’erano le prove?

"Nella sua stanza d’albergo, dicevo le battute di ‘Travolti da un insolito destino’ tenendo fra le mani la parrucca della Melato, come Amleto il teschio, e baciavo il vuoto. Passammo ore così".

Sono rimasti dei progetti che non avete portato a termine? "Volevamo fare, a distanza di anni, ‘Travolti da un insolito destino’ con Mariangela e me. Andammo a casa sua, Lina ci lesse questa sceneggiatura, con i nostri personaggi trent’anni dopo. Purtroppo non siamo riusciti a metterla in piedi produttivamente".

La più grande qualità di Lina, per lei, qual era?

"Era ironica, non era mai patetica. Prendersi in giro e prendere in giro gli altri. Tutti: fossero Fellini, Eduardo, o Andy Warhol, per nominare tre suoi straordinari amici. E poi è stata una donna che ha portato l’immagine dell’Italia nel mondo. È stata forse la prima donna italiana a finire sulla copertina di ‘Time’, non dimentichiamolo!".

Anche il "New York Times" vi esaltò.

"Dopo ‘Pasqualino Settebellezze’, scrisse: ‘God Bless You All!’, Dio vi benedica tutti. ‘Pasqualino’ nasceva dalle confessioni che mi aveva fatto un acquaiolo di Cinecittà. Ne nacque un film unico nel suo genere: era come interpretare Pulcinella in un campo di concentramento".

Giovanni Bogani