
Il premio Nobel Rita Levi-Montalcini (Pasquale Bove)
Torino, 5 novembre 2016 - Lite per l'eredità di famiglia tra i nipoti di Rita Levi-Montalcini. "Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Quando vedevo le persone litigare per l'eredità pensavo fossero 'teste calde'. Eppure alla fine è capitato anche noi...", dice con amarezza Piera Levi-Montalcini sfrattata da casa, nel centro di Torino, dalla Zefora srl, società proprietaria dell'immobile riconducibile al fratello Emanuele.
Al centro della querelle, il testamento della madre Maria Gattone, vedova del fratello del premio Nobel, morta nel 2014, che lascia l'intero palazzo in eredità al primogenito Emanuele, con l'obbligo per lui di lasciarlo in comodato gratuito alla sorella Piera. Quest'ultima, però, dopo due anni si è vista arrivare l'ufficiale giudiziario con una ingiunzione esecutiva di sfratto e il fabbro che ha cambiato la serratura dell'appartamento. "Non c'è alcun rancore nei confronti di mia sorella. Lo sfratto non è stata una mia decisione", fa sapere Emanuele attraverso il suo avvocato, Domenico Iodice. "L'intero palazzo, tra cui l'appartamento al secondo piano dove viveva Piera, è di proprietà della Zefora srl, di cui Emanuele detiene una quota minima - sostiene il legale -. È il rappresentante legale della società a decidere e lo sfratto è avvenuto a seguito del mancato pagamento dei canoni di locazione e in forza di un provvedimento del tribunale". Lo sfratto è stato infatti avviato dall'amministratore della società e non nei confronti di Piera, ma della figlia di quest'ultima, Claudia, a cui era intestato il contratto d'affitto.
"C'è un testamento e questo andrebbe rispettato", aggiunge, dal canto suo Piera Levi-Montalcini riferendosi alle volontà della madre. "Ora abito in un'altra casa, sempre di mia madre, che però dovrò lasciare tra poco - si limita ad aggiungere l'ex consigliera comunale torinese -. Sono fortunata, non mi ritrovo in mezzo a una strada. Ma ho sempre vissuto con mia mamma in corso Re Umberto, qui c'è la mia vita".
"La mia preoccupazione è che non venga persa nemmeno una carta del patrimonio culturale di famiglia - prosegue sempre Piera che sarebbe stata costretta a chiamare il 113 per poter rientrare in casa -. Metterò tutto in un deposito, in attesa di portare le mie cose in Svizzera. E quando dovrò rientrare in Italia andrò a Roma, nella casa della zia. D'altra parte lei diceva sempre che è Roma la città delle opportunità".