Venerdì 3 Maggio 2024

"Spacciavo per sentirmi uguale agli altri", storie di ex ragazzi cattivi

In un libro l’esperienza della comunità Kayròs di Vimodrone, fondata nel 200 da don Claudio Burgio. I percorsi dei giovani che incontra e aiuta sono spesso pieni di ostacoli di Alessandro Sarcinelli

INSIEME Autori e protagonisti del libro. Sotto don Burgio e un’attività all’interno  di Kayròs

INSIEME Autori e protagonisti del libro. Sotto don Burgio e un’attività all’interno di Kayròs

Vimodrone, 21 dicembre 2014 - Primo, terzo, quarto mondo, fa poca differenza. La criminalità s’incontra dappertutto: a Mirabello periferia di Pavia come a Calì, regno colombiano dei narcotrafficanti. E alle filiere criminali per andare avanti servono soldati che non abbiano paura. Se ti mettono in mano la prima pistola o il primo panetto di hashish quando hai solo 11 anni, per scacciare via la paura ti dimentichi presto di essere un bambino. Spesso sono gli adulti a fartelo dimenticare. Ma a Vimodrone c’è un adulto che prova a far fare a questi ragazzi il percorso inverso. Tornare ad essere bambini prima e diventare adulti poi. È don Claudio Burgio, ha 45 anni e da quasi 15 ospita centinaia di ragazzi e indica loro una strada diversa rispetto a quella criminale: «Gli adolescenti che hanno già conosciuto il carcere devono innanzitutto provare a raccontarsi. È importante che inizino un percorso di rielaborazione della propria storia, da lì è naturale che si apra un desiderio per un futuro diverso. Il mio compito è aiutarli in questo percorso», racconta don Claudio.

Nel 2000 ha fondato la comunità Kayròs a Vimodrone. Negli anni sono state aperte altre sedi a Milano, Cinisello, Segrate. Poi nel 2007 nasce un progetto specifico di accoglienza per ragazzi italiani e stranieri con procedimenti penali in corso. L’obiettivo è inserire il minore in una situazione di «normalità» lontano dalla criminalità. Per fare questo si cerca di investire nel reinserimento scolastico e nella formazione professionale sfruttando le risorse del territorio. Ma i percorsi da affrontare sono spesso pieni di ostacoli: «La voglia di un futuro diverso rischia di spegnersi rapidamente perché sono persone fragili. Il momento più delicato è il passaggio dalla vita di comunità alla vera propria libertà», afferma il prete milanese.

Massimiliano sta attraversando questa fase: 19 anni, braccia completamente ricoperte di tatuaggi e faccia ancora da bambino senza nemmeno un accenno di barba, cinque anni fa ha iniziato a spacciare fumo; all’inizio per conto di due calabresi con il doppio dei suoi anni, poi ha continuato in proprio con la Ketamina e l’Md. È stato arrestato nel 2011. Dopo sette mesi nel carcere minorile Beccaria, è stato mandato a Vimodrone da don Burgio. Ora è tornato a Pavia, dove tutto era cominciato: «E non sono contento, preferivo stare in comunità. Ma non voglio tornare. Mi sto cercando un lavoro, per ora con pochi risultati. Il mio futuro è ancora grigio». Max non ha finito il suo percorso ma ha capito tante cose: «Spacciavo per essere uguale agli altri ragazzi. Era l’unico modo per potermi comprare i vestiti che la mia famiglia non ha mai potuto permettersi. Se non avessi fatto tutti i miei errori, forse adesso starei ancora a rincorrere l’iPhone 6». La sua storia e quella di altri sei adolescenti è raccontata in «Ragazzi cattivi» da don Burgio e dal regista televisivo Domenico Zingaro. Cattivi ragazzi italiani, cileni, colombiani, marocchini con un pezzo di vita insieme a Vimodrone. Tutti hanno avuto il coraggio di raccontarsi, perché, come dice Max, «le persone che ci vedono solo come delinquenti devono conoscere le nostre storie».

di Alessandro Sarcinelli