Venerdì 19 Aprile 2024

Questione di buongusto Non un reato

Piero

Fachin

In fondo è una questione di (buon) gusto. E di senso della misura. Per questo il sacerdote che ha celebrato messa in costume e in mezzo al mare avrebbe fatto bene a seguire un saggio consiglio: se la sobrietà non è esattamente la prima delle tue doti, allora evita di improvvisare e di fare il creativo, perché il rischio di inciampare è alto. E infatti, puntualmente, lo scivolone si è verificato. Cristallizzato con tanto di fotografie sui social e commenti a volte divertiti, altre volte feroci. Pensateci un po’: un prete impegnato porta in Calabria un gruppo di ragazzi per una campagna antimafia e poi, invece, tutto quel che si ricorderà della missione è il colore del suo costume da bagno.

Poi, però, l’ha salvato quello che gli esperti chiamano ’fatto nuovo’. Ovvero la sua repentina iscrizione, come si dice in casi complicati come questo, nel registro degli indagati. E la contestazione del reato di "offesa a confessione religiosa", punibile con una multa che può arrivare a cinquemila euro. E allora la domanda è: ma davvero? Nel paese in cui un procedimento penale anche banale dura almeno sei anni, davvero era necessario aprire un fascicolo per valutare se non sia da punire una caduta di stile senza conseguenze concrete? Oltretutto il don ha già chiesto scusa, è sinceramente dispiaciuto e la sua pena, la sofferenza, la sta già scontando. I suoi ragazzi lo difendono a spada tratta. Perfino la Curia ha genericamente ricordato che il rispetto della forma è anche sostanza, ma che – insomma – il caso poteva chiudersi. Invece no. Invece a un’azione eccessiva si risponde con una reazione eccessiva. Col rischio di scivolare verso la farsa.