Mercoledì 24 Aprile 2024

Quando muore l'amico del cuore. Pupi Avati: ora dentro ho il vuoto

Il regista racconta il rapporto con Cicci Foresti, uno dei ragazzi della jazz band. "Era il custode dei miei segreti"

Il regista Pupi Avati con l’amico e collega jazzista Antonio 'Cicci' Foresti

Il regista Pupi Avati con l’amico e collega jazzista Antonio 'Cicci' Foresti

di PUPI AVATI

Da oggi non c ‘è più il mio amico del cuore. La persona con la quale ho condiviso l’interminabile vigilia della mia vita di adulto. Quella vigilia della quale oggi sento fortissima la mancanza, quella vigilia che, se il mondo fosse giusto, si sarebbe dovuta protrarre per anni e anni, fino ad ora, e anche domani e domani ancora.

Credo che l’amico del cuore sia questo, il custode dei segreti del tempo incerto della formazione, quello in cui si percorrono i portici con sempre la vita davanti ad attenderci accogliente.

Nello scegliere l’amico del cuore, nell’individuare il prescelto, quello destinato a restarlo per sempre, c’era un po’ la prova generale dell’amore.

In una declinazione forse più profonda e sincera. L’amicizia ti permetteva infatti di pervenire a un grado di confidenza, di complicità, di autenticità che con colei che si sarebbe sostituita all’amico non ti saresti più potuto permettere.

Con quell’amico e solo con lui hai affrontato il mondo sapendolo tutto disponibile alla voracità di quelle notti interminabili. In una stagione che pretendemmo di gioia, fuori da ogni paura, un modo di essere riconoscenti alla vita che le generazioni che sarebbero venute dopo non hanno voluto o saputo apprendere.

Il mio amico del cuore, quello che ieri mattina mi ha lasciato, era della nostra coppia il disinibito, quello che si esponeva, che socializzava, che fermava le ragazze per strada. Quella del nostro duo che sapeva far diventare possibile l’impossibile. Fu quello che mi presentò la ragazza che sarebbe diventata mia moglie.

E da ieri mattina lui non c’è più e anche tutto quello che facemmo nella Bologna remota degli anni Sessanta è evaporato nel nulla.

Fu la comune passione per il jazz a farci incontrare. Un collante non indifferente per chi come lui non solo possedeva una straordinaria collezione di dischi ma che aveva inventato con Alberto Alberti il Festival del Jazz di Bologna e che aveva aperto quel Jazz club dove si trovavano le rarità discografiche di oltre oceano. Chi come lui che aveva valicato il San Bernardo alla guida della sua Volkswagen con a fianco Duke Ellington, che aveva fatto assaggiare i passatelli a Louis Armstrong e che aveva portato sulla Garisenda Count Basie non poteva non sedurmi.

Ce l’ho fatta: quel modello così speciale di essere umano è diventato per tutta la sua vita il mio amico del cuore.

E ieri, mentre giravo a Cinecittà, una telefonata di Checco Coniglio mi informa di averlo perduto per sempre. E non mi basta sollevando lo sguardo verso le chiome di quei pini marittimi che hanno visto Visconti e Rossellini, pensare con riconoscenza che anche Cicci ha vissuto una sua grande storia.

Vorrei riaverlo qui Cicci, accanto a me, per dirci come sia difficile questa stagione della nostra vita e di come nessuno ci abbia preparati ad affrontarla.

Quando muore un amico, accade che tutta una porzione della tua vita, quella che riguarda il tuo rapporto con lui, si opacizzi, perda il suo fulgore. Ma quando muore il tuo amico del cuore accade che a rabbuiarsi non sia solo il ricordo ma anche il tuo presente.

È in questo buio, sordo, che mi impedisce di riagganciarmi al reale che mi circonda, con la troupe che mi attende, è in questo buio che mi trovo nell’illusione infantile e ostinata che al mio amico Cicci Foresti non può essere successo. Che il bene che gli voglio deve averlo protetto e deve continuare a proteggerlo.

Perché la nostra amicizia, come tutte le grandi amicizia, si fonda su quel patto.