Lunedì 6 Maggio 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Ponte Morandi, le verità nel tirante. I periti: "Cavi corrosi"

I pm: reperto 132 fondamentale. Sarà inviato a Zurigo per una perizia

Ponte Morandi, il reperto 132 considerato fondamentale per le indagini

Ponte Morandi, il reperto 132 considerato fondamentale per le indagini

Roma, 21 ottobre 2018 - Potrebbe essere la prova regina per inchiodare i responsabili del crollo del Ponte Morandi. Il reperto numero 132 è stato catalogato dai periti e consulenti, ed è ritenuto «fondamentale» dallo stesso procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, tanto che verrà inviato in Svizzera per una consulenza più approfondita nei laboratori del Politecnico di Zurigo del professor Bernhard Elsener. Una scelta che non è piaciuta ad alcuni avvocati e periti degli indagati, preoccupati di non poter seguire da vicino le prove e le analisi tecniche.

Nell’hangar dove il reperto è custodito con molti altri, il procuratore Cozzi ha potuto verificare che «il lavoro svolto da vigili del fuoco, consulenti e periti sembra essere stato fatto a regola d’arte» e questa è una precondizione perché l’indagine possa avere successo nel ricostruire la catena di responsabilità. 

La sezione di strallo recuperata dai consulenti e marchiata con il numero 132 è uno dei reperti più grossi e, secondo quanto rilevato da una prima analisi, sembrerebbe strappato, tranciato di netto dalla sommità del sostegno: uno strappo che avrebbe fatto collassare l’intera struttura. Come afferma una relazione inviata ai pm Walter Cugnoli e Massimo Terrile, titolari dell’indagine, il reperto mostra «un avanzato stato di corrosione dei cavi». Ed è lì che il ponte ha ceduto.

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Possibile che nessuno lo avesse notato in fase di ispezione? In procura pensano che semmai le condizioni di corrosione siano state sottovalutate. Il degrado avanzato, spiegano fonti qualificate, «sarebbe stato conosciuto» ma «non compreso appieno nella sua gravità» e «anche provocato dalla mancanza di manutenzione straordinaria e ordinaria adeguate alla situazione e dalla mancanza di ispezioni invasive che avrebbero potuto fotografare lo stato di corrosione dei cavi di acciaio». L’evoluzione dello stato del ponte Morandi, si legge del resto nella relazione tecnica della commissione ispettiva del Ministero dei Trasporti, «restituiva un quadro preoccupante: le misure adottate da Aspi ai fini della sua prevenzione erano inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema».

«In definitiva – aggiungeva – quel che si si evince è che Aspi, pur a conoscenza di un accentuato degrado del viadotto e in particolare delle parti orizzontali di esso che appalesavano deficit strutturali, non ha ritenuto provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela dell’utenza». 

Solo nel 2015 Autostrade si accorse che si doveva intervenire e iniziò la trafila del secondo progetto di ‘retrofitting’. Ecco perché oltre alle persone già inquisite (tra Aspi, Spea, Mit e Provveditorato) nelle prossime settimane potrebbero essere iscritti altri nomi nel registro degli indagati. Sinora gli iscritti sono 21 ma giovedì le Fiamme Gialle hanno consegnato in Procura un elenco di 40 nomi fra tecnici e manager che si sono occupati a vario titolo del Ponte Morandi dagli anni 90 ad oggi.

ANSA