Venerdì 10 Maggio 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Pescatori liberati, l’ombra dello scambio

I media di Haftar: accordo per l’estradizione di quattro libici detenuti in Italia. Ma Palazzo Chigi e i legali degli scafisti negano: "Ipotesi folle"

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di Alessandro Farruggia

"Bentornati a casa" recita uno striscione appeso nel comune di Mazara, e a casa i diciotto marittimi sequestrati a Bengasi dalle milizie di Haftar arriveranno domani, dopo quasi 500 miglia di navigazione sui loro pescherecci Antartide e Medinea scortati dalla fregata Margottini della Marina Militare.

Come sempre dopo la liberazione di ostaggi all’estero, il giorno dopo è quello delle ricostruzioni e dei gialli. Un testata panaraba, Asharq Al-Awsat, edita a Londra e secondo alcuni osservatori vicina alle posizioni del generale Khalifa Haftar, ha ipotizzato che in cambio della liberazione ci sia stato, o ci sarà presto, uno scambio di prigionieri. Nell’articolo, comparso sul sito online e firmato dal Cairo, si afferma che "fonti libiche ben informate" sostengono che la liberazione dei marittimi siciliani sarebbe avvenuta in seguito a un accordo sull’estradizione di quattro cittadini libici detenuti in Italia. Sempre secondo le stesse fonti, "l’accordo di scambio dei detenuti con l’Italia si è concluso sullo sfondo di una mediazione regionale". Ma al momento sullo scambio di ostaggi i riscontri sono zero.

Da Palazzo Chigi negano seccamente ("sarebbe un reato, in Italia il potere politico non può interferire su quello giudiziario") , e così fa una fonte dei servizi. Ma a negare è soprattutto il legale anconetano, con studi a Roma e Milano, che difende, su mandato dell’ambasciata della Libia a Roma, i quattro scafisti ex calciatori libici arrestati nel 2015 per il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano dove morirono 49 migranti e che da tempo Haftar chiede siano estradati. "L’idea di uno scambio – osserva l’avvocato Michele Andreano – è una follia. Ho sentito mercoledì uno dei miei quattro assistiti, che dal carcere di Caltagirone mi chiedeva quando è fissato il processo in Cassazione. Ritengo impossibile l’ipotesi di scambio per la liberazione dei nostri connazionali. I miei assistiti si trovano in carcere e lì resteranno fino al processo in Cassazione, dove mi auguro, dopo le condanne in primo e secondo grado, di ottenere un risultato positivo, perchè le sentenze fanno acqua da tutte le parti".

Ieri mattina Pietro Marrone, il comandante del peschereccio ‘Medinea’, ha parlato via radio con l’armatore e i giornalisti a Mazara. "Pensavamo di non farcela – ha detto – sono stati tre mesi pesantissimi. Ci hanno hanno divisi e ci hanno fatto cambiare quattro prigioni. E una di queste si trovava sottoterra, al buio. Ci hanno riuniti solo dopo 70 giorni. Ci passavano il cibo al buio da una grata e non sapevamo nemmeno cosa fosse". "Ci hanno trattato da terroristi – dice – mancavano solo le botte, per il resto ci hanno umiliato, abbiamo subito violenza psicologica".