Giovedì 18 Aprile 2024

Osteosarcoma, una speranza contro il tumore delle ossa

Importante scoperta dell'Istituto di genetica e biofisica "Adriano Buzzati-Traverso" del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli. "Si può tentare di sviluppare un approccio terapeutico"

Analisi di laboratorio

Analisi di laboratorio

Roma, 17 gennaio 2023 - Una speranza per i malati di osteosarcoma, un tumore delle ossa poco curabile che colpisce prevalentemente i bambini e gli adolescenti,  ma può insorgere anche a circa 50 anni, in persone affette dalla malattia ossea di Paget, patologia caratterizzata da una generazione di nuove cellule ossee più veloce del normale e che comporta ossa più fragili, dolore, deformità e fratture. A scatenare l'osteosarcoma è l'assenza o l'alterazione della proteina chiamata Profilina, indispensabile perché le cellule si dividano in modo corretto. La scoperta è avvenuta in uno studio sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, condotta all'Istituto di genetica e biofisica "Adriano Buzzati-Traverso" del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli. Fernando Gianfrancesco, il coordinatore del gruppo di ricerca che ha pubblicato il caso sulla rivista Communications Biology: "La proteina Profilina quando è assente o alterata, non permette una corretta ripartizione dei cromosomi tra le due cellule figlie durante la divisione cellulare".

 "Mediante tecniche di sequenziamento di ultima generazione abbiamo identificato una mutazione genetica nel gene PFN1, responsabile di una forma molto severa della malattia ossea di Paget che determina anche l'insorgenza di osteosarcoma nelle ossa colpite", spiega la prima autrice dell'articolo, Federica Scotto di Carlo. 

Dalle osservazioni si è rilevato che quando compare la mutazione le cellule non riescono più a dividersi in modo corretto e in questo modo, così, una divisione dopo l'altra, ogni cellula presenterà alterazioni cromosomiche diverse da quelle di tutte le altre cellule. Alterazioni che possono interessare dalla perdita di frammenti di cromosomi a quella di interi cromosomi. 

Con la comprensione di questo meccanismo, osservano i ricercatori, si può tentare di sviluppare un approccio terapeutico basato sulla cosiddetta 'letalità sintetica', ossia la presenza di mutazioni in due geni diversi che, insieme, provocano la morte cellulare. Gianfrancesco illustra: "Utilizzando questo approccio, più che correggere il difetto genetico nel gene PFN1, vogliamo rendere ancora più vulnerabile la cellula cancerosa. Se la mancanza di Profilina 1 genera una cellula alterata, individuando e alterando un gene per una seconda proteina implicata, possiamo indurre nella cellula la cosiddetta morte cellulare programmata o apoptosi". 

Secondo gli esperti sfruttando le differenze genetiche fra le cellule tumorali e le cellule sane, si potrebbero colpire in maniera mirata soltanto quelle malate, risparmiando le altre.