Domenica 8 Giugno 2025
ROSALBA CARBUTTI
Cronaca

Nextdoor, come funziona. Porte aperte ai vicini di casa

Ecco l'app per conoscere chi ci abita accanto. Social street per riscoprire il senso di condivisione

Nextdoor

Bologna, 10 giugno 2019 - App per conoscere i propri vicini, social street (strade sociali) per aiutarsi e ‘connettersi’ in modo virtuoso, quartieri che reagiscono al degrado organizzando lezioni di yoga, feste di Carnevale o cene di autofinanziamento. Dov’è finita la solitudine del cittadino globale raccontata da Zygmut Bauman? Il sociologo che ha analizzato più di tutti la società liquida, la società senza punti di riferimento, dove l’individualismo è sfrenato e, di contro, l’identità sempre più sfocata, vedendo questi esperimenti sociali potrebbe rallegrarsi. I non luoghi globali dove mancano relazioni forti, descritti benissimo da Marc Augè negli anni Novanta, pare abbiano fatto il loro tempo.

Si torna a valorizzare il locale, la propria città, il proprio paese, il proprio quartiere. S’inizia, timidamente, a salutare il vicino di casa, a cercare rapporti vìs a vìs dopo un primo contatto via social network, a fare gruppo perché assieme ci si sente e si è più forti. Una tendenza, quella della riscoperta della dimensione "sociale", che può finalmente prescindere dai consumi, e punta a instaurare legami. Forti.

L'ultimo rapporto Istat analizza "il valore aggiunto delle reti sociali", specificando come "la consapevolezza di poter contare sull’aiuto di parenti, amici o vicini di casa favorisca l’espressione di un giudizio positivo su tutti gli aspetti della propria vita". Le persone isolate soddisfatte della propria vita sono solo il 20,7%, a fronte di un 44,8% che vive con i propri famigliari e ha una rete di vicini, amici ecc. e di un 52% che, oltre a una rete sociale importante, ha un certo attivismo in associazioni e simili.

Da qui, il successo dell’app Nextdoor che guida la riscoperta del vicinato. Arrivata dagli Stati Uniti a settembre 2018, è già attiva in 132 città italiane e 2.100 quartieri, 40 dei quali con più di 200 membri ciascuno.

È tutto molto semplice: scarichi l’app, ti registri, metti la tua foto (se vuoi) e cerchi il tuo quartiere. A quel punto entri in questa specie di social network di quartiere. Per farla semplice: un Facebook molto molto locale che ti permette di scoprire chi abita nella tua strada, magari due civici più giù, o nella via parallela.

C'è chi scrive "che cerca la micina smarrita in via X, in data Y", chi offre la sua disponibilità "per una manicure", chi chiede consigli per un carrozzaio in zona o una baby sitter. Ma c’è anche chi ha organizzato cene, tornei di beach volley settimanali, concerti benefici.

Un’altra espressione di evoluzione del vicinato è quella delle social street. Tre le parole chiave: gratuità, socialità, inclusione. Luigi Nardacchione, co-fondatore delle social street, racconta un esperimento nato nel settembre 2013 a Bologna, quando via Fondazza è diventata la prima social street italiana e del mondo.

Oggi, dopo articoli sui media internazionali, in primis il New York Times , l’idea via Fondazza ha fatto il giro del mondo. L’idea è semplicissima: riacquistare fiducia nell’altro, riaprire la porta di casa, riscoprire il senso del dono. In pochi se lo immaginano, ma a fronte di una persona che chiede aiuto, racconta chi frequenta le social street, in due, tre o quattro rispondono. In epoca di cattivismo, muri e timori d’invasioni, sembra quasi una realtà parallela. Ma non lo è.

A Parma, quartiere Oltretorrente, i cittadini si sono uniti per trovare soluzioni contro lo spaccio di droga a cielo aperto. Da qui, sono nate giornate formative sugli stupefacenti, eventi in strada (lezioni di yoga, aperitivi, feste di Carnevale per i bambini) e letture.