Lunedì 29 Aprile 2024

Nel Pd cresce la fronda anti Conte Il ‘caso Francia’ fa esplodere i dubbi

Tra i democratici c’è chi tifa per la rottura dell’alleanza. Si intensifica il pressing per il proporzionale

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di Antonella Coppari

Se non è la goccia che fa traboccare il vaso, ci va molto vicino. Il mancato schieramento esplicito di Conte a favore di Macron e contro Marine Le Pen ieri mattina era sulla bocca di tutti nel Pd e spesso anche sulle agenzie di stampa. Sono stati molti a insorgere indignati per quel "rappresento un partito italiano, non posso dare indicazioni di voto". A spiegare l’esasperazione del Pd vale però soprattutto quel che l’avvocato del popolo a poi aggiunto: "Noi siamo nel fronte progressista, ma le questioni di poste dalla Le Pen vanno affrontate".

La sensazione diffusa è che l’ex premier alla ricerca di un’identità per il Movimento stia rapidamente tornando su posizioni "gialloverdi" e comunque intenda restare sì nella maggioranza ma come partito di lotta e di governo. Non è una sorpresa: già dall’elezione del capo dello stato ai piani alti del Nazareno prevedevano una strategia del genere, erano consapevoli dei rischi impliciti nel tentativo di tirare la corda senza romperla, ma erano ottimisti. La guerra ha cambiato tutto perché ha esasperato le posizioni: quello che un mese e mezzo fa poteva essere tollerato pesa oggi infinitamente di più. E offre armi e argomenti a quanti nel partito non vedono l’ora di denunciare l’alleanza con "il populista". Che i dubbi ci siano lo rivela un sondaggio organizzato a dicembre in Lombardia tra gli iscritti Pd: allora il 38% era favorevole a un’alleanza strategica, e se ad essere contrario era solo il 9%, la maggioranza, il 51%, chiedeva alleanze di ’scopo’, ovvero di corto respiro. Ma da dicembre tutto è cambiato e chissà quale sarebbe oggi l’esito di un test analogo. Chi tifa per far saltare i ponti è da tempo base riformista: "In Francia si vota per due opzioni opposte: l’europeismo con Macron o il sovranismo populista con Le Pen. Sono gli stessi schieramenti che si confronteranno in Italia. Non si può stare un po’ qua e un po’ là", riassume gli umori il senatore Andrea Marcucci. Ma scalpitano anche i ’giovani turchi’ di Matteo Orfini: "Il campo progressista in Europa sta con Macron: Conte ne fa parte o no?". Ed altrettanto netta Alessia Morani: "La scelta non mi sembra difficile. O con l’Europa e Macron o con gli amici di Putin".

Se l’intemerata è chiara, la strategia lo è molto di meno. Oggi i sondaggi danno il Pd al 20%: solo o con Conte, la sconfitta alle politiche con l’attuale legge elettorale sembra certa. Pure per questo il Pd si è deciso a schierarsi a favore della riforma proporzionale che però appare ancora un traguardo lontano a causa della resistenza di Lega e FI. Fosse solo per loro probabilmente passerebbe senza sforzo il proporzionale, ma il patto con Giorgia Meloni è blindato, e romperlo significherebbe seppellire la coalizione di centrodestra passo che né Salvini ne Berlusconi ora intendono muovere. Forse chi vuole andare da solo anche con il Rosatellum pensa che seppure il centrodestra vincesse le elezioni si sfascerebbe un attimo dopo aprendo la strada a costellazioni di maggioranze oggi impensabile. Strategia rischiosa, perché marciare verso la rottura con Conte agevolerebbe il temuto riavvicinamento tra gli ex soci del governo gialloverde. Nonostante tutto, Letta è ancora convinto di dover difendere l’alleanza ma gli diventa di giorno in giorno più difficile.

E la possibilità dell’incidente deflagrante è dietro ogni angolo. Nelle spese militari per esempio, nell’eventuale scelta invocata da Letta di mettere l’embargo sul gas russo o quella di rifornire gli ucraini di armi pesanti. L’alleanza ancora c’è ma traballa. Nulla garantisce che resista per un anno. La difficoltà della situazione in definitiva la registra il commento di un colonnello di Letta, peraltro tra i più convinti dell’asse Pd-M5s. "Noi siamo alleati dei 5s mica di Conte". Insomma al posto dell’avvocato ci fosse il ministro degli esteri al Nazareno festeggerebbero.