L’infermiera che coccola il bambino. Una delle foto-simbolo della pandemia ha ispirato un libro pensato e scritto dalla madre del piccolo Matteo. Quindici mesi dopo la storia drammatica, ma per fortuna a lieto fine, del piccolo che all’epoca aveva appena 7 mesi, è diventata un diario della malattia che inizialmente Roberta Ferrante, la giovane e determinata mamma, avrebbe voluto tenere per sé e per i suoi cari. Il libro si intitola ‘Io sono qui’ (Ventura Editore). Una settantina di pagine in cui la Ferrante racconta quei giorni, in particolare l’isolamento a cui era stato costretto Matteo, positivo al Covid e affetto da una seria patologia agli organi interni. E dalle righe del testo emerge un particolare molto forte: un senso di inspiegabile gelosia vissuto sulla pelle dalla Ferrante, talmente forte da tenerla lontana dall’infermiera che nel reparto di rianimazione del pediatrico Salesi si era presa cura di Matteo. "Ci sono voluti circa due mesi prima che io riuscissi ad affrontare questa sorta di blocco – racconta la donna –. Quando avete pubblicato quella foto, stupenda certo, il primo sentimento che ho provato è stato un misto tra sicurezza perché mio figlio era coccolato e curato, ma anche di gelosia. Era come se qualcuno, nella fattispecie Katia (Sandroni, il nome dell’infermiera protagonista di quel gesto amorevole, ndr), si fosse sostituita a me. Dovevo essere io a prendermi cura di Matteo e non altri. Questa seconda sensazione inizialmente prese il sopravvento sull’altra. Ricordo momenti molto duri al tempo, quella foto la volevo cancellare e non farla vedere a nessuno, ma ormai era tardi, lo scatto circolava ovunque. Ricordo me stessa dire ‘quella foto mi fa schifo, è brutta’. In più, quando sono tornata in ospedale da mio figlio ho ringraziato il resto del personale sanitario, ma non ho mai chiesto di ...
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