Giovedì 25 Aprile 2024

Mine sotto i cadaveri, trappola letale La guerra è un campionario di orrori

Violenze sessuali, torture, prigionieri mutilati: dagli scempi della Grande Guerra all’incubo per i soccorsi in Ucraina

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di Roberto Giardina

Ogni giorno notizie contraddittorie da parte russa e ucraina, su vittime e reciproche atrocità. E giungono come prova foto e filmati, le immagini della guerra sul palmo della nostra mano. Ma si sa, ormai, che possono ingannare, come le parole. Nei territori conquistati dai russi e ora liberati, si scoprono cadaveri torturati. Per estorcere notizie o per sadismo? Sotto i corpi, a volte, sono nascoste mine antiuomo. Appena si solleva il cadavere esplodono. Mine vietate dalla Convenzione di Ginevra come le bombe a grappolo, ma nessuna legge o trattato è mai riuscita a eliminare o limitare gli orrori. I corpi dei nemici usati come trappola contro chi è intento in una missione di pietà, non sono nuove. Il metodo era usato anche durante la Grande Guerra, un secolo fa. E i cadaveri venivano anche buttati nei pozzi per avvelenare le acque. Da tutti, non è possibile comparare la crudeltà umana.

Nei musei di guerra sono esposte mazze ferrate, simili a quelle medioevali. Venivano usate sempre sui fronti della Grande Guerra per il colpo di grazia ai soldati intontiti dai gas asfissianti. Non per risparmiare inutili sofferenze, erano munite di punte per infliggere ferite atroci. Il nemico non meritava una morte pietosa. Mazze senza bandiera, le usavano tutti. Le bande mercenarie godevano del diritto di saccheggio, dopo aver conquistato la città assediata. Un premio alla vittoria, un extra oltre il soldo. Ma limitato a tre giorni. Si depredava, si violentava, e si uccidevano i civili che tentavano di difendere mogli e figlie. Un orrore a tempo. Avvenne a Costantinopoli, l’odierna Istanbul, conquistata da Maometto II nel 1453. Lo storico britannico scrive che le donne tedesche violentate dai soldati sovietici furono tra 200mila e due milioni. Tra loro, anche a 12 anni Hannelore, la prima moglie di Helmut Kohl. Nell’estate del ´45, scrive lo storico Norman Naimarck, i soldati sovietici colpevoli rischiavano la fucilazione. Il tempo della vendetta era scaduto.

I saraceni impalavano i cristiani caduti prigionieri, il palo veniva introdotto in modo chirurgico per non ledere organi vitali, l’agonia poteva durare giorni. Un metodo antico. Erodoto racconta che il re persiano Dario I, dopo aver conquistato Babilonia, fece impalare tremila cittadini, anche le donne. Storie antiche? Nel 1917, i russi che ormai stavano perdendo, impalarono ufficiali polacchi caduti prigionieri. Oppure i cristiani venivano scuoiati vivi, come Marcantonio Bragadin, ultimo governatore veneziano di Cipro. Caduto prigioniero, nell’agosto del 1571 fu scuoiato vivo a Famagosta dagli ottomani, che poi impagliarono la pelle, per esporre i resti del nemico. La vita ai prigionieri viene risparmiata solo da un paio di secoli.

Fino alle guerre napoleoniche venivano spesso passati per le armi, a evitare che tornassero sul campo di battaglia. Ad Agincourt, nel passo di Calais, il 15 ottobre del 1415 si affrontarono i francesi di Carlo VI e gli inglesi di Enrico V. Una delle storiche battaglie della nostra Europa. Ebbero meglio gli arcieri inglesi che riuscivano a colpire da lontano con frecce che perforavano le armature.

Enrico V ordinò di uccidere le migliaia di prigionieri, una strage a cui cercarono di opporsi i suoi uomini. Non per bontà, ma perché pensavano di ottenere un riscatto. I cavalieri francesi immobilizzati dalle armature furono eliminati con un punteruolo che trafiggeva loro gli occhi attraverso la visiera. Si propose di abolire archi e balestre, armi troppo letali e sleali. Si doveva affrontare il nemico da vicino, a tu per tu, e non ucciderlo a distanza. Oggi abbiamo i droni, guidati da migliaia di chilometri come in un videogioco.