Giovedì 25 Aprile 2024

Migliaia di aziende e negozi esclusi dai ristori. Conte blocca licenziamenti fino a marzo

Rabbia di artigiani e commercianti: attività come pizzerie al taglio e gastronomie sono fuori dagli aiuti. Accordo premier-sindacati sull’occupazione

Migration

Il decreto Ristori sta scatenando la guerra dei Codici Ateco. Dai circoli Arci e Acli alle imprese della distribuzione alimentare automatica o degli eventi, da quelle della ristorazione collettiva e dei bus turistici ai proprietari immobiliari di locali commerciali fino ai fotografi per cerimonie: crescono di ora in ora la rabbia e le proteste di tutte quelle attività economiche danneggiate dalle chiusure, ma non comprese della platea degli indennizzati. Anche se, sul fronte più generale delle tensioni sociali, in serata arriva l’accordo governo-sindacati, annunciato dal premier Giuseppe Conte, per la proroga fino a fine marzo del blocco dei licenziamenti. Con annesse reazioni: per Confindustria "la proroga per ragioni di emergenza è giustificata se per le imprese che utilizzano la cassa Covid l’accesso non prevede alcuna contribuzione, e il premier ha convenuto che così sarà". Per i sindacati (leader della Cgil Maurizio Landini in testa) "Abbiamo fatto un buon lavoro insieme. Avevamo bisogno di dare un messaggio e lo abbiamo dato". E, a proposito di messaggi, migliaia di lavoratori dello spettacolo, da Nord a Sud, sono scesi in piazza ieri mattina e per chiedere aiuto e protestare contro l’ultimo Dpcm che ha sbarrato nuovamente le porte di cinema e teatri, lasciando in ginocchio un settore da mesi in estrema difficoltà.

Torniamo ai mancati ristori. Le opposizioni, ma anche parlamentari dei partiti di maggioranza, stanno raccogliendo le richieste pressanti di imprese e associazioni rimaste escluse dagli indennizzi a fondo perduto. Ed è dunque certo che il passaggio parlamentare del provvedimento sarà un campo di battaglia proprio per allargare il perimetro dei benefici previsti.

La prima denuncia arriva dalla Cna del Veneto. Migliaia di imprese della ristorazione – è questa l’accusa – sono state inspiegabilmente escluse dagli indennizzi del Pacchetto Ristoro. Sarebbero 2.800, per esempio, quelle fuori del provvedimento perché "senza somministrazione, ma con preparazione di cibo da asporto: tutto l’artigianato della ristorazione: pizzerie a taglio, gastronomie, rosticcerie, piadinerie, gelaterie. E sulla stessa linea si collocano le associazioni della ristorazione collettiva: con lo smart working e le nuove restrizioni, mense e consegne di cibo agli uffici sono ridotte al lumicino.

Sul piede di guerra anche i circoli Acli e Arci: il decreto prevede, infatti, che il contributo sia riservato solamente ai circoli possessori di partita Iva escludendo così gli enti del Terzo settore che non svolgono attività commerciali. Solo in Toscana "rimangono esclusi ben più della metà dei nostri circoli", spiegano Gianluca Mengozzi, presidente di Arci Toscana, e Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana. Non sono da meno le associazioni degli agenti di commercio: i divieti – questa la richiesta – penalizzano attività rispetto alle quali i rappresentanti di commercio svolgono una funzione-chiave e, dunque, è del tutto penalizzante non includerli nel novero dei danneggiati. E così sono al fronte del pressing anche le attività in franchising che operano nel campo della ristorazione. Come anche a mancare all’appello – secondo i vertici di Confedilizia – sono gli interventi in favore dei tanti proprietari di case e locali commerciali che da mesi non ricevono più il reddito da locazione per assenza di inquilini (si pensi ai turisti e agli studenti) o per situazioni di morosità negli affitti.

A tirare le somme di altre esclusioni, del resto, è direttamente il sottosegretario grillino all’Economia Alessio Villarosa: "Da una prima verifica dei codici esclusi si riscontrano i bus turistici, gli atelier di abiti da sposa, sposo e cerimonia, fotografi e videografi, il settore bomboniere e tutti quelli identificati con codici Ateco comuni, alcuni settori del commercio al dettaglio e degli ambulanti e varie forme di organizzazione di eventi, fiere e mostre". Ma c’è di più. "Ribadisco – insiste – la necessità di modificare il criterio per l’erogazione del contributo a fondo perduto sostituendo il fatturato del mese di aprile 2019 con la media annuale o semestrale 2019 per tutti i settori che – come l’organizzazione di eventi, lo spettacolo ed il wedding – hanno una concentrazione del proprio fatturato esclusivamente in pochi mesi dell’anno e che sicuramente non ricadono nel mese di aprile".