Giovedì 18 Aprile 2024

Marcucci resiste ma i suoi trattano con Letta

Il capogruppo al Senato provoca: "Le donne? Facciamone una segretario". Guerini tenta di evitare lo scontro. In pole Malpezzi o Bini

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di Antonella Coppari

Il primo ostacolo sul suo cammino Enrico Letta l’ha superato ieri. Ma solo per metà. Tutto liscio alla Camera, dove il capogruppo uscente Delrio non solo ha accettato di tirarsi indietro rassegnando le dimissioni, ma l’ha fatto in un clima di concordia che non lascia malanimi alle spalle. Più complicata la situazione al Senato, dove l’ex minoranza di Base riformista è maggioritaria: il presidente uscente, Andrea Marcucci, resiste, si è preso 24 ore di tempo per decidere se ripresentare la sua candidatura oppure imitare il collega di Montecitorio e l’uomo – come sa chi lo conosce bene – è imprevedibile. Ma il segretario sostiene che la fine sia nota: il Pd avrà due donne ai vertici dei gruppi parlamentari "forse già domani". Anche se le previsioni sulla retromarcia di Marcucci saranno rispettate, evitare la scia di risentimenti a Palazzo Madama sarà difficile. Se Letta raggiungerà l’obiettivo si capirà anche dalla scelta della nuova capogruppo. Entrambe le candidate con più chance – Simona Malpezzi e Caterina Bini – vengono da Base riformista. La prima, però, è una figura di mediazione che verrebbe accettata volentieri da tutti, mentre la seconda, più radicale e molto vicina al corregionale Marcucci, indicherebbe una tensione ancora alta. Alla Camera in pole position per i galloni di presidente c’è Marianna Madia seguita a ruota dalla Serracchiani; nel rispetto degli equilibri tra le aree Rotta, Morani e Ascani potrebbero tornare in gioco se al Senato fosse invece eletta la Pinotti.

Dopo aver usato la clava nel weekend suscitando non pochi malumori, Letta è tornato alla diplomazia. Con Delrio ha incassato un pieno successo: una telefonata l’altro ieri sera, un colloquio amichevole prima della riunione dei deputati in mattinata, quindi sentiti ringraziamenti e l’assicurazione che l’autonomia del gruppo non è in discussione: "Qualunque donna eleggerete sarà la scelta migliore". Dopo aver ricordato che oggi incontrerà l’ex premier Conte (in ballo l’alleanza con M5s), insiste sulla necessaria unità nei passaggi cruciali che aspettano il partito, come l’elezione del presidente della Repubblica: "Abbiamo bisogno anche per questo di gruppi ben coordinati, non possiamo sbagliare". Applauditissimo, come Fiano che avverte: "Non ci sono ex renziani, ma parlamentari del Pd".

Molto più in salita la strada al Senato, come evidenziato dalla lettera che Marcucci gli ha inviato in mattinata: "Faremo questa scelta insieme" ma "rigettando le imposizioni strumentali". Anche con lui il segretario sceglie la strada del colloquio diretto ("ti chiedo un sacrificio: sii generoso") ma i toni non sono distesi e il confronto puntuto ("fra pisani e lucchesi si trova sempre un’intesa", la butta sull’ironia Letta) si ripete nell’assemblea del gruppo. Il leader Pd ripete che il riequilibrio della rappresentanza di genere non è strumentale: "Non vi chiamerò mai ex di qualcosa, ma una prima linea formata tutta da maschi è irricevibile". Quindi va sul tema nevralgico: "Autonomia non vuol dire che gruppi e partito possano andare in direzione diversa". Marcucci replica: "Temo che la tua proposta sia generica. Voglio coerenza: perchè non facciamo un segretario donna? Perchè la parità di genere non sta scattando per le candidature nelle otto città in cui si vota a ottobre ma è scattata per i capogruppo?". Quindi avverte: "Mi prendo 24 ore per capire se ci sono le condizioni per una mia ricandidatura".

Fosse per lui concluderebbe che quelle condizioni ci sono. Ma di diverso avviso sono i leader di Br Guerini e Lotti, consapevoli che una rottura implicherebbe la penalizzazione dell’area al momento della composizione delle liste elettorali. L’accordo invece garantirebbe a Br un credito da incassare. Ecco perché prima di affrontare la prova del Senato, il segretario ha incontrato Lotti ed ecco perché i boatos dal Pd parlano di una pressione decisa di Guerini su Marcucci per evitare lo scontro all’ultimo sangue.