Venerdì 26 Aprile 2024

Marco Bentivogli "Serve un sindacato nuovo E sul lavoro il Pd banalizza"

"Landini è il primo a sapere che il linguaggio della rappresentanza va profondamente rinnovato. Occorre parlare meno al governo e più ai ’padroni’. E non va bene opporci sempre alle riforme"

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di Claudia Marin

Maurizio Landini incassa la riconferma quasi all’unanimità alla guida della Cgil. Lei che lo conosce bene, sa dove vuole andare?

"La sfida che Landini sa di non poter eludere è il rinnovamento del sindacato – avvisa netto Marco Bentivogli, ex leader dei metalmeccanici della Cisl e oggi fondatore dell’Associazione Base Italia -. Cambiare linguaggi, strategia, modello organizzativo. Non dico che bisogna parlare ’come parlano i lavoratori’ ma neanche essere troppo distanti da quel che un cittadino comune possa capire. Landini lo sa bene e anche chi ancora oggi fa le assemblee quotidianamente nei luoghi di lavoro. Se posso fare un rilevo, la relazione parla troppo al governo e poco ai ’padroni’. Ma, come dice lo stesso Landini, il sindacato ha un altro ruolo".

Il punto è che da qualche decennio il sindacato si muove soprattutto come soggetto di opposizione alle riforme.

"E’ vero. Il guaio è che siamo passati, generalmente, da un sindacato che spingeva e guidava le riforme (agricoltura, scuola, sanità, fisco, regole del lavoro) a un sindacato che le contrasta e rinuncia persino ad un ruolo di condizionamento. Ai lavoratori far vedere piattaforme infinite che non diventano mai leggi e richieste di ’tavoli’, alla lunga aumenta la frustrazione e la disaffezione. Bisogna dire cosa si è in grado di fare, e smetterla di rispondere agli urlatori, che peraltro non si iscrivono e non scioperano mai".

Certo è che anche con Giorgia Meloni, al di là della sua presenza a Rimini, il contrasto sul fisco è subito riesploso.

"Landini sostiene che la madre di tutte le battaglie è il fisco. Vero, il fisco è iniquo e l’evasione fiscale è gigantesca. E al contempo chi paga tutte le tasse (anche gli autonomi) ne paga troppe. Le tasse sono altissime e le pagano in pochi. Nel 1987 si mise in crisi il governo De Mita sul fisco. Il sindacato aveva il coraggio (con tanto di adesivi) di lanciare la campagna ’io pago le tasse e tu?)’".

Anche oggi il sindacato dovrebbe fare come allora?

"Il governo Meloni parla di ’pace fiscale’, ’evasione di necessità’ e non attua una vera e drastica riduzione delle tasse sul lavoro. Chissà che non riesca a mobilitare cittadini e lavoratori e a svegliare la politica sul tema fiscale e su questo ricostruire un po’ di unità di azione?".

Sul fronte del lavoro, la sinistra politica e sindacale si muove a favore del modello spagnolo: va nella direzione giusta?

"Non ricadiamo nel ’facciamo come’ ad esempio in Spagna dove la legge Rajoy ha precarizzato molto di più il mercato del lavoro che in Italia. Ci sono da tempo contratti a termine da un giorno. La reforma laboral del governo Sánchez ha inserito regole e incentivi per ridurre la precarietà ma ha mantenuto la liberalizzazione dei licenziamenti. Servono meno rese dei conti, quelle in cui è imprigionato il Pd e più attenzione alla prospettiva: Landini attacca il Jobs Act, ma tralascia i disastri che ha combinato il ’decreto dignità’".

Schlein pare voler fare del Pd anche un partito del lavoro?

"E’ un momento di entusiasmo nel Pd, e va bene. Ma il problema della rappresentanza è gigantesco. Anche una spinta nuova si infrange se la si contorna di vecchia nomenclatura arricchita dai ’giovani bonsai’ della stessa. Schlein ha ben interpretato la nausea che gli elettori (e gli ex elettori) provano verso il gruppo dirigente ma, come i segretari precedenti, si trova un gruppo parlamentare ’nominato’ dal vecchio gruppo dirigente e una direzione allargata tra vecchio gruppo dirigente e fedelissimi. Bisogna osare molto di più".

Sembra profilarsi un asse Schlein-Landini: ma conviene al sindacato questo nuovo collateralismo?

"In realtà, mi pare evidente nelle parole di Landini l’ammissione di una crisi di rappresentanza, lo sforzo di non chiudersi negli ‘ismi’ in cui spesso indulge la sinistra, anche perché sa bene che una parte degli iscritti ha votato Meloni e che il ruolo del sindacato non può essere quello dei partiti e men che meno di opposizione o collateralismi ma citando Trentin (e io aggiungo Carniti) ’di progetto’. Si rende conto che la sinistra, su alcuni temi che riguardano anche la Cgil, vedi il salario minimo o la riduzione dell’orario, banalizza".