Martedì 30 Aprile 2024

Ma Boris ha il coraggio di decidere

Andrea

Fontana

Va bene, il personaggio è teatrale. Innamorato della propria immagine, così accuratamente trasandata e zazzeruta. Un upper class che distilla puro snobismo, come le poltrone lise e sfondate nelle country house britanniche. Il modello di Boris, diciamolo, è Churchill, altro grande gigione (altra statura, anche, ma questo non c’entra). Churchill sarebbe passato come il treno della metropolitana sui divieti da lockdown, agitando un bicchierone; e Johnson non poteva essere da meno. Meglio il modello Winston che altri: certo, mai Neville Chamberlain, aduso ai riti felpati della più antica democrazia d’Europa, avrebbe fatto quei party nel giardino di Downing Street; però a Monaco ha regalato i sudeti a Hitler. Ecco, diciamolo: Boris può irritare, ma siamo sicuri che non abbia meriti? Perlomeno il coraggio, che in due secoli di governi inglesi è legato stretto all’indifferenza per i danni alla popolazione.

La sua bizzarra gestione della pandemia, con il libera-tutti a singhiozzo, ci consegna una nazione che pare avere già scavallato il picco tutelando il più possibile l’economia. E che, se ha avuto 16 milioni di casi contro i 10 dell’Italia, chiude a 154mila morti contro 144mila. In politica estera, è caricaturale farne un semplice sodale del fu Trump. Boris ha firmato con Biden un patto ’anglosassone’ per la sicurezza (l’AUkUs, con l’Australia) per frenare la Cina nel Pacifico, e Londra è oggi la capitale più risoluta a fianco degli Usa sulla crisi ucraina. Mentre tanti, noi compresi, sono – al solito – non pervenuti. Le scelte di campo e la stabilità in politica estera sono due qualità dei governi britannici. Poi certo, ci sono un paio di drink a Downing Street.