Mercoledì 24 Aprile 2024

L'ultimo giorno di scuola

Una magia che dura una vita

L'editoriale di Michele Brambilla

L'editoriale di Michele Brambilla

In Emilia-Romagna e nelle Marche ieri è stato l’ultimo giorno di scuola. Non se ne troverà traccia sui giornali e nelle tv, se non per qualche aspetto burocratico o formale. Eppure per i bambini delle elementari e delle medie e per i ragazzi delle superiori quello di ieri è stato un giorno importante, destinato a restare scolpito nella memoria per sempre, specie per chi ha lasciato i compagni, avendo terminato il ciclo dei cinque o dei tre anni. A quell’età, l’ultimo giorno di un qualcosa è vissuto come eterno. Il tempo, che non s’è ancora fatto breve, è pensato al futuro in un orizzonte infinito.

Per noi boomers la scuola chiudeva alla fine di giugno e riapriva ai primi di ottobre. Si usciva di classe di corsa, felici, correndo incontro a un periodo che ci appariva interminabile: le vacanze. Fummo i primi ad assaporarle davvero: i nostri genitori avevano, al massimo, la villeggiatura: un paesino in Appennino. Chi restava in città il fresco se lo godeva sul balcone o a piano terra sull’uscio, in canottiera e con piedi in un catino pieno d’acqua. Noi invece no, al mare ci andavamo davvero, e ci stavamo tanto, anche un mese. Quando si tornava a casa, si provava meraviglia nel ritrovare le immagini consuete: la propria città e perfino la stessa cameretta ci sembravano sconosciute, dimenticate com’erano da così lunga assenza. Si ritrovavano i vecchi amici, ci si raccontava di Milano Marittima o di Rimini come di terre ignote e lontane.

E sullo sfondo restava comunque la scuola. Si pensava al rientro in classe, al diario da acquistare, ai compagni da rivedere. La scuola: nulla ci ha formati in modo più indelebile della scuola. Per certi versi neppure la famiglia. Sono i compagni di scuola i cognomi e i nomi – rigorosamente in quest’ordine, allora, con l’aggiunta del nome del padre, Rossi Carlo di Giuseppe, o fu Giuseppe – che non dimentichiamo mai. E se ci capita di incontrarli ora, che siamo vecchi o quasi, li avvertiamo come identici ad allora: gli stessi modi di fare, gli stessi sguardi, lo stesso modo di parlare, quasi a riprova che c’è un io misterioso che sopravvive ai mutamenti del corpo e della mente.

Oggi i bambini danno del “tu” alla maestra e hanno già girato il mondo, nessun mare o Paese straniero può destare in loro lo stupore che provavamo noi. Ma resta, anche per loro, la magia dell’ultimo giorno di scuola, un giorno speciale che non fa notizia, ma che segna una vita.