Mercoledì 8 Maggio 2024

Crisi energia e l'Italia che verrà. Le vetrine spente e un'umanità capace di reinventarsi

La vita ai tempi del razionamento: lo scrittore Giuseppe Catozzella ci regala una favola per immaginare le nostre città al buio

Firenze: Francesca Campani e Jessica Papi al lavoro nella penombra

Firenze: Francesca Campani e Jessica Papi al lavoro nella penombra

Mentre la gente per lo più badava ai fatti suoi, mangiava, dormiva, pensava a lavorare, faceva l’amore, guardava la tv e stava dietro ai figli, uno sparuto gruppetto di ragazzi che pareva dotato di cervello se ne stava al solito posto all’angolo tra due larghe strade affollate dai bar, dai ristoranti e dai negozi di uno dei quartieri più in voga della città, con delle grandi torce in mano e gonfi zaini posati sull’asfalto. Ogni tanto il giovane più allampanato accendeva la sua torcia e dalla finestra al quarto piano ne vedevo il bagliore che tagliava il crepuscolo e andava ad aggiungersi alle mille e sfavillanti luci del centro. Era l’ora del tramonto; d’autunno inoltrato il sole non sta a fare cerimonie e cade all’improvviso, lasciando tutti col magone. E così ha fatto.

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Del resto le luminarie erano già mezzo montate, i cavi pendevano sui bordi delle strade. I ragazzi sedevano con le schiene dritte sulle panche dei piccoli gazebo colorati pensati per lo scambio libero di libri, a volte strofinavano le palme per il freddo e non staccavano gli occhi dal grande orologio liberty appeso tra via dei Bini e via Corlieri. Bene, ho pensato, qualcuno questa cosa del buio l’ha presa seriamente. Ho guardato a mia volta l’incrocio: mancavano due minuti. Alle sei in punto il primo è stato il Biotolano, il grande ristorante dell’angolo che si preparava ad aprire: di colpo le sue otto vetrine luminescenti erano nere. Buie, serrate. Finite.

Una frazione di secondo più tardi è stata la volta di Angela, la boutique con gli abiti da gala in bella mostra: i manichini ora erano sinistre sagome raccapriccianti. Poi il Gelataio, coi mille gusti e le enormi torte colorate: sparite. Tloc. Tloc. Tloc. Tloc. Uno dopo l’altro il calzolaio, l’agenzia immobiliare, l’Aperimatto, il Barabba: niente, all’improvviso, esisteva più, ingoiato dal buio. Le poche auto che transitavano hanno preso a fermarsi, come inghiottite dallo stesso prodigio; e così ha fatto anche il tram, con una sferragliante e improvvisa frenata.

Allora al buio si è aggiunto il silenzio; i passeggeri facevano a gara a sporgersi dagli stretti finestrini attirati da un paesaggio sempre più spettrale. Era la stessa città, era il quartiere che mi aveva visto nascere, ma al contempo non lo era più: insieme ai ristoranti, ai bar alla moda, alle vetrine, alle strade, ai lampioni, ogni cosa era adesso risucchiata nel ventre di una balena che digiunava da decenni. C’era stato un tempo in cui al crepuscolo quelle stesse strade si spegnevano, c’era da aspettare il messo che portava la fiamma e accendeva i lampioni. Ora del messo non c’era ombra, ma in compenso c’erano i cinque giovani, le ragazze in testa, con quelle lunghissime spade luminose e gli zaini calcati in spalla.

Di corsa sono sceso in strada. Tic. Angela, la boutique, mentre richiudevo il portone si è accesa di un fioco lume di candela. Ora le due sagome perfette in vetrina parevano moglie e marito a braccetto, pronti per la prima del teatro. Tic. Anche l’Aperimatto adesso bucava le tenebre e chi sedeva ai tavoli sembrava riprendere vita. "Volete una candela?" chiedevano i ragazzi sparpagliati ognuno in un negozio. "Dieci centesimi." "Dieci centesimi alla candela" diceva una ragazza. "Durano molto e lasciano un buon profumo", diceva l’altra. Guardavo incuriosito. Non uno dei negozianti voleva rimanere senza, uscivano in strada e chiamavano i ragazzi a gran voce. In poco tempo tutta la via, tutto il quartiere brillava di quelle piccole e graziose fiammelle. Erano ovunque, illuminavano i tavoli, i banconi, gli annunci immobiliari, le casse contabili. Chi stava bevendo una birra, chi alzava un calice di vino aveva riacquistato un brillante luccichio negli occhi e si guardava con attenzione, come davanti si ritrovasse uno sconosciuto. "Una candela?" si è avvicinato e mi ha chiesto il ragazzo allampanato, mentre ero immobile nell’ombra a fissare una coppia. "Solo dieci centesimi!" Ho frugato nelle tasche. Ero sceso con la tuta da casa. Ho allargato le braccia. "Questa gliela regalo io. Domani siamo alle panche". Ha acceso la torcia e il fascio ha illuminato il solito incrocio.