Giovedì 25 Aprile 2024

Liste bloccate? Un Parlamento di nominati

Raffaele

Marmo

uragano che ha investito la composizione delle liste del Pd, ma che riguarda anche gli altri partiti (più furbi nel gestire l’operazione sotto traccia), è l’ennesimo e più eclatante frutto avvelenato delle liste "bloccate" e dell’assenza delle preferenze.

Quello a cui abbiamo assistito in queste ore nella messa a punto delle candidature del Nazareno appartiene alla categoria dell’eterogenesi dei fini. L’eliminazione delle preferenze, all’origine della cosiddetta Seconda Repubblica nella furia iconoclasta contro i partiti della Prima, doveva servire a impedire le cordate dei notabili e i condizionamenti e gli inquinamenti clientelari o addirittura mafiosi delle elezioni. Ma alla fine la soluzione adottata si è rivelata come la formula più scientifica per mettere nelle mani dei leader il potere di vita e di morte su ciascun parlamentare.

Mancando una qualsiasi forma di regolamentazione legislativa della democrazia interna dei partiti, come chiede (chiederebbe) la stessa Costituzione, sono scomparse dall’orizzonte anche le primarie: e il risultato è stato negativo su molteplici fronti. Uno è quello indicato, relativo alla personalizzazione delle decisioni in capo al leader. Un altro rinvia alla fine del collegamento tra candidato e territorio e, dunque, alla fine di uno dei primari cardini della rappresentanza parlamentare.

Sicché, alla fine, nel comune interesse e nella sotterranea complicità tra tutti i capi partiti, i sistemi elettorali hanno finito per sancire il principio della "nomina" più che quello della elezione. Fino a quando, con l’aggravante del taglio dei parlamentari, è saltato il banco. E non è un caso che questo sia accaduto in maniera clamorosa nel Pd: in fondo, è il partito che più ha conservato la forma tipica delle formazioni politiche non leaderistiche, ma fondate su territori e selezione della classe politica attraverso la militanza.