Venerdì 26 Aprile 2024

Le purghe in Russia come con Stalin. Dilaga la protesta: quattromila arresti

Manifestazioni in 59 città. Gli storici avvertono: "Il 30% è contro il regime ed è in pericolo. Il controllo sociale ricorda l’Urss"

Accanto alle immagini di sofferenza dall’Ucraina, ogni giorno fanno rabbrividire anche altre foto, visibili fino a che il pugno di ferro di Putin non riuscirà a schiacciare anche quelle. Sono le immagini della repressione del dissenso. A San Pietroburgo, a Mosca e in altre 57 città della Russia, da Ekaterinburg sugli Urali a Novosibirsk in Siberia, nella sola giornata di ieri l’ong Ovd-Info conta che ci siano stati 4.357 arresti, 13mila persone fermate dall’inizio della guerra. Il grido: "L’Ucraina non è il nostro nemico".

Studenti e anziani ugualmente piegati e trascinati con la forza dai poliziotti, pestaggi contro le donne, arresti che non si fermano nemmeno davanti ai bimbi scesi in piazza con i genitori. Decine di feriti, 15 anni di reclusione previsti per chi scrive fake news. Dice Andrea Graziosi, lo storico della Russia e professore dell’Università Federico II di Napoli che ha studiato il genocidio ucraino ad opera di Stalin: "Dopo gli ucraini, la seconda vittima saranno i russi. Si tratta in larga parte di giovani ma anche di una parte della società che aveva davvero creduto alle riforme promesse dal primo Putin". In un Paese in cui l’opposizione di fatto non esiste più e in cui il leader Alaxei Navalny lancia appelli dal carcere, gli studiosi della Russia concordano sul fatto che la fascia di popolazione contraria al regime si possa stimare tra il 30 e il 40%. Ieri sono finiti nelle mani della polizia anche Oleg Orlov, uno dei leader dell’Ong Memorial, e l’attivista Svetlana Gannouchkina (poi rilasciata). Desta scalpore, forse speranza, il fatto che abbia rassegnato le dimissioni Tugan Sokhiev, il direttore del teatro Bolshoi di Mosca: "Sono sempre stato contrario a qualsiasi conflitto e in qualsiasi forma".

Ai tanti che si domandano se una rivolta dal basso sia possibile in Russia risponde da Budapest – mentre ai binari della stazione osserva i rifugiati in arrivo dall’Ucraina – Stefano Bottoni, ricercatore dell’Università di Firenze e studioso dell’Europa Orientale. "Una ribellione – riflette Bottoni – non è del tutto impossibile perché le sanzioni occidentali stanno avendo effetto non solo sugli oligarchi ma anche sulla classe media, russi che devono pagare il mutuo e hanno fatto debiti".

Ma allora perché le piazze non si riempiono di ribelli, perché non si vede una piazza Maidan russa? Grazie alla propaganda e alla repressione, continua Bottoni, "la maggioranza dei russi è davvero convinta che sia in corso un’operazione speciale in Ucraina". Ormai il regime di Putin – aggiunge – è andato oltre l’autoritarismo, in ambito internazionale è un regime terroristico ed è prevedibile che Putin possa “tenere“ il suo Paese solo con il pugno di ferro".

Una parte del popolo lo ha capito ed è fuggito o sta tentando di farlo. Sono stati presi d’assalto i binari con i treni in partenza per la vicina Finlandia. Altri russi, più benestanti, sono volati in Occidente, raggiungendo figli e parenti già sul posto. Oltre alle multe, alle segnalazioni, alle violenze ai commissariati – ecco quello che rischiano i dissidenti, per non parlare dei giornalisti contrari al regime – è in atto anche il controllo dei cellulari. Roba sa Stasi, tanto per citare il regime della Ddr satellite dell’Unione sovietica.

Del resto, spiega ancora Bottoni, "da storico posso dire che questo tipo di repressione e il controllo della società da parte di Putin sono molto simili al regime sovietico". Si tratta di bloccare ogni forma di dissenso anche in forma preventiva, con la minaccia di espellere gli studenti critici, con i ricatti alle loro famiglie... "Penso che Putin sia in difficoltà – conclude Graziosi – il potere che ha costruito in più di 20 anni sarà legato anche alla sua vittoria sul fronte interno. E temo che gli eroici giovani che vediamo in piazza avranno un futuro molto triste".