Giovedì 25 Aprile 2024

"Le mie canzoni contro l’Alzheimer di mamma"

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ROMA

"Buongiorno signora, può dirmi come si chiama?". Difficile provare un dolore più grande, quando improvvisamente la persona che ti ha messa al mondo non sa più chi sei. I neuroni si spengono uno dopo l’altro, giorno per giorno, come lampadine fulminate. Finché nella mente resta solo il buio. Capita così che una figlia famosa, amatissima e popolare, la regina della domenica televisiva, si trovi ad affrontare una situazione "che mi ha resa disperata, sgomenta, terrorizzata". Questa figlia si chiama Mara Venier. Nel 2015 ha perso la madre Elsa, devastata dall’Alzheimer. Una bestia che cancella la memoria di sé e degli altri, ruba i ricordi, annulla gli affetti. Scompaiono le facoltà cognitive, psicologiche e mnemoniche. È durissimo accettare una realtà tanto crudele. Tre anni di sofferenza moltiplicati per due. Perché la scienza e l’esperienza dicono che anche chi si occupa di una persona minata dall’Alzheimer finisce per ammalarsi. Ritrovandosi sola con un immenso vuoto attorno. Per elaborare il lutto, razionalizzare il dolore, superare la perdita, dopo mille patemi e ripensamenti Mara Venier ha voluto raccontare la sua esperienza sulla pagina scritta. Una confessione pubblica intitolata Mamma, ti ricordi di me?, pubblicata da Rai Libri e realizzata con l’aiuto di Sabrina Donadio. "Era un sabato, arrivavo a Mestre trafelata dal lavoro. L’ho trovata in giardino sulla carrozzella, il suo cappello di paglia e gli occhiali da sole. Ho chiesto in dialetto: come ti sta’. Mi ha risposto con gli occhi assenti dandomi del lei. Allora ho capito". Una rivelazione feroce e irrimediabile, la decisione di sistemarla in una residenza per anziani, l’assistenza continua, la discesa rapidissima, la perdita di peso vertiginosa, la fine di tutto. "Comunicavo con lei cantando, io la prima strofa e lei un’altra a seguire". Ci si prova sempre per non arrendersi. "Il primo allarme era scattato dopo una caduta. Osservando la Tac, il neurologo mi ha avvisata. Del resto qualcosa avevo capito: perdeva gli oggetti, dimenticava i posti dove aveva messo le sue cose, ripeteva la stessa domanda dieci volte senza ascoltare la risposta". Era mia madre. "Bella, fiera di sua figlia, sempre dalla mia parte anche quando a 17 anni sono rimasta incinta", racconta Mara. "Ho perso mio padre da adolescente. Lei faceva la sarta ed è diventata il mio unico punto di riferimento. Mi ha insegnato la dignità e il senso del lavoro". Il libro è una lettera d’amore a chi non c’è più, ma continua a esserci. Anche nel giorno in cui si festeggiano tutte le madri del mondo. "Mammina mia, mi manchi sempre di più, ma tanto tanto. Quando ti penso mi manca il respiro. Manchi a tutti noi. Ti ho dedicato un libro perché sei stata una grande mamma. Non dimenticarti mai di me".

Massimo Cutò