Martedì 30 Aprile 2024

Le foto dei morti in chat: "Giustizia per Kobe e mia figlia"

Vanessa Bryant, vedova della leggenda dell’Nba, ha testimoniato nella causa contro la contea di Los Angeles. Gli scatti dello schianto sarebbero stati condivisi privatamente da otto agenti. Chiesto il risarcimento

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Lo strazio di Vanessa non ha fine. La vedova della star del basket Kobe Bryant – morto con la figlia 13enne Gianna Maria-Onore e altri sette passeggeri in un incidente in elicottero nel 2020 – è tornata a testimoniare in tribunale contro otto funzionari della contea di Los Angeles, accusati di aver condiviso in privato le immagini dei resti delle vittime. Un affronto alla memoria di chi amava, che la donna ha ripercorso tra le lacrime, costretta dal processo in corso a rigirare il coltello in ferite destinate a non rimarginarsi mai.

Morte Kobe Bryant: alla vedova Vanessa maxi risarcimento da 16 milioni di dollari

"Quando venni a sapere di quelle foto – ha raccontato ai giudici – avrei voluto scappare da casa per rifugiarmi un luogo dove piangere e urlare, lontano dalle altre mie tre bambine, ma ero pietrificata dal dolore. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a sfuggire al mio corpo". E ha proseguito: "Vivo nel terrore costante che gli scatti possano finire su Internet. Una volta diffusi, non si può più tornare indietro. E non voglio che le mie figlie si imbattano in quelle immagini. Mai".

Vanessa – che chiede danni alla Contea per un milione di dollari – ha confermato di aver subìto un grandissimo stress emotivo alla notizia che gli uomini del dipartimento dello sceriffo della Città degli Angeli, Alex Villanueva, si erano scambiati le fotografie scattate con i loro cellulari sulla scena del terribile incidente. "Mi sento ancora devastata, ferita e tradita. E ho cominciato a soffrire di attacchi di panico". Stando all’inchiesta successiva alla tragedia, lo schianto dell’elicottero su cui viaggiava la stella dell’Nba fu causato da un errore del pilota – morto anche lui nell’impatto – dovuto probabilmente alla presenza di una fitta nebbia. La vedova del campione è più che mai determinata a far valere le sue ragioni. "Mio marito era un’icona del suo sport, amato da tante persone. Ma a casa era solo Kobe, era soltanto un papà".

La Bryant ha aggiunto che i resti della leggenda del basket furono recuperati il giorno stesso dell’incidente mentre quelli di Gianna Maria prelevati da un burrone il giorno successivo. "Chi l’ha fotografata – ha sottolineato – deve quindi aver rimosso la copertura messa su di lei. L’hanno violata, approfittando del fatto che suo padre non poteva proteggerla perché era all’obitorio". L’avvocato della donna, Luis Li, ha rincarato la dose durante l’arringa: "Le immagini furono riprese unicamente per diventare ’gossip visivo’ e umiliare le vittime, considerato che non vi era, in quel preciso momento, alcuna esigenza tecnica che richiedesse gli scatti necessari". Il legale ha precisato inoltre che le foto: "Sono state condivise più volte da persone che non avevano nessun motivo per riceverle".

Di sicuro la battaglia legale andrà avanti. "Sono disposta ad andare all’inferno e tornare indietro per ottenere giustizia per mio marito e mia figlia e proteggere la privacy della mia famiglia", ha giurato Vanessa.