di Raffaele Marmo L’"urgenza morale" di quello che è il testamento istituzionale del Presidente non è la politica. L’"urgenza" dell’ultimo discorso di Sergio Mattarella dal Quirinale è la riaffermazione solenne e finale, contro tutte le tendenze No Vax di varia natura e provenienza, del valore della scienza e del vaccino come unica e fondata via per uscire dalla pandemia, insieme con il riconoscimento dell’esempio (il professor Pietro Carmina di Ravanusa, i medici, i sanitari, i volontari) come benchmark etico al quale una comunità nazionale e "patriottica" deve e può ispirarsi nell’opera di "ricostruzione" del Paese. Innanzitutto per le giovani generazioni. Certo, la politica, intesa anch’essa come lezione "alta" attinta dai riferimenti costituzionali di una vita e raffinata dall’esperienza di sette, complessi e travagliati, anni di presidenza, non manca. Da qui l’indicazione duplice che il Capo dello Stato, sgombrato il campo, come fosse un fastidio, dal nodo di una sua disponibilità alla rielezione, sente di dover trasmettere al suo successore: "Spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore". Ma, appena il tempo di uno stacco, e Mattarella, in piedi a sottolineare, forse, la prossima uscita di scena, evoca e delinea, con nettezza e profondità, l’"urgenza" che più gli sta a cuore. E così, senza citare i No Vax, incalza, elogiando "i meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalità degli italiani, che voglio, ancora una volta, ringraziare per la maturità e per il senso di responsabilità dimostrati". Fiducia nella scienza, dunque, ma anche condanna dura e secca degli atteggiamenti di chi mette in discussione la sola, vera, ...
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