
Jerry Calà, 69 anni, nel 2006 col cast di ’Vita Smeralda’
Roma, 12 giugno 2020 - "Le fabbriche aperte d’agosto? Cioè: gli operai prima li chiudi in casa, poi li richiudi in fabbrica a quaranta gradi all’ombra? Come minimo dovrebbero avere le piscine fuori dallo stabilimento, con i gruppi musicali che suonano le loro canzoni preferite, il mojito gratis e le fiammelline antizanzare. Ecco, così forse si potrebbe fare, l’agosto in fabbrica". Jerry Calà è il profeta della vacanza cinematografica. È l’attore simbolo di Sapore di mare, il primo grande successo dei fratelli Vanzina, apripista di una serie infinita di film vacanzieri. "Perché l’estate non è una stagione, ma uno stato d’animo", diceva in quel film. Adesso, per citare un altro cult vacanziero, l’estate sta finendo ancora prima di cominciare. Almeno per chi sarà impiegato nelle fabbriche impegnate in un tour de force, alla ricerca del Pil perduto.
Che cosa ne pensa, Jerry Calà?
"Beh, non sono un esperto di economia, ma conosco un po’ la gente, la sua voglia – e il suo bisogno – di gioia. Non è che per quattro mesi siamo stati in vacanza: abbiamo vissuto tutti quanti una tragedia, una tragedia non ancora finita. Ci sarebbe bisogno di tirare il fiato, di un attimo di svago".
Di un po’ di vacanza…
"Mai come adesso potremmo apprezzarle. Ti accorgi degli effetti strani del lockdown quando prendere un bicchiere di vino con un amico ti sembra già una cosa straordinaria. E allora, quest’anno potremmo riscoprire la meraviglia delle coste italiane: Salento, Campania, Sardegna. O anche la Versilia".
La Versilia di Sapore di mare e della Capannina, il locale dove ha tenuto spettacoli per 25 anni…
"La Versilia ha spiagge tanto grandi che il distanziamento sociale lì c’è per natura: per parlare con la vicina di ombrellone è meglio telefonare! Ma se quest’anno le fabbriche saranno tutte aperte d’agosto, prometto: farò gli spettacoli lì davanti".
Che cosa le è mancato di più in questi mesi?
"Il lavoro, andare ogni weekend in ogni parte d’Italia, la gente, gli applausi, le risate. I miei musicisti, i tecnici. Fanno parte di quel grande esercito di lavoratori dello spettacolo meno visibili, e più preziosi. Io lavoro da cinquant’anni, posso permettermi due mesi di stop. Ma per loro non è così semplice".
I bonus dei 600 euro per i lavoratori dello spettacolo?
"Non hanno ancora visto una lira. Aspettano ancora quella che io chiamo la ‘Carica dei 600’! Fra lo stanziare e l’arrivare, c’è di mezzo il mare".
Vede, nonostante tutto, un sorriso dietro l’angolo, la possibilità di affrontare tutto questo con leggerezza?
"Sì: se è vero che nel dopoguerra il nostro cinema ha creato la migliore commedia all’italiana, anche dopo questa tragedia forse sapremo sorridere. In fondo la base di ogni commedia è l’equivoco: e quale strumento migliore per gli equivoci, i qui pro quo, le rivelazioni, della mascherina? Dietro la mascherina ci puoi trovare la moglie, l’amante o… Conchita Wurst!".
Allora, dovessero stare aperte le fabbriche d’agosto, farebbe degli spettacoli per gli operai?
"Promesso! Andrei dritto dalla Capannina al capannone".