Venerdì 11 Luglio 2025
RUBEN RAZZANTE
Cronaca

Maturità 2025, la traccia C sull’indignazione social svolta dal prof Ruben Razzante

La traccia invita i maturandi a interrogarsi sul ruolo delle piattaforme digitali nella formazione dell’opinione pubblica. Lo svolgimento è a cura del docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano.

Maturità 2025, la traccia C sull’indignazione social svolta dal prof Ruben Razzante

Roma, 18 giugno 2025 – Tra le tracce della tipologia C della prima prova di maturità 2025 c'è un tema di grande attualità, quello sui social media e l'indignazione digitale. Si parte da un testo di Anna Meldolesi e Chiara Lalli dal titolo 'L'indignazione è il motore dei social. Ma serve a qualcosa?', pubblicato su 'Sette', il supplemento del Corriere della Sera. Il testo, riflettendo sul fatto che sui social proliferano contenuti pensati per scatenare il sentimento dell'indignazione e che, proprio a causa di questo, finiscono per saturare la nostra capacità di indignarsi, invita i maturandi a interrogarsi sul ruolo delle piattaforme digitali nella formazione dell'opinione pubblica e sull'efficacia dell'attivismo online. Di seguito la traccia svolta da Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano.

Maturità 2025, mezzo milione di studenti affrontano la prima prova (Foto Cristini)
Maturità 2025, mezzo milione di studenti affrontano la prima prova (Foto Cristini)

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Sui social l’indignazione è ovunque: è rapida, istintiva, spesso feroce. Ed è diventata uno dei principali carburanti delle piattaforme digitali. Ogni giorno ci imbattiamo in contenuti creati appositamente per provocare rabbia e disgusto, e noi, altrettanto prontamente, reagiamo: commentiamo, condividiamo, rilanciamo. Ma serve davvero a qualcosa? Secondo una riflessione proposta da Anna Meldolesi e Chiara Lalli in una traccia dell’esame di maturità 2025, questa reazione emotiva, oggi amplificata dai social media, rischia di rivelarsi sterile.

Condividiamo post che non abbiamo letto, spinti più dal desiderio di mostrare la nostra posizione morale o appartenenza a un gruppo, che da un’autentica volontà di informare o riflettere. E intanto, quell’indignazione che dovrebbe servire a denunciare le vere ingiustizie del mondo viene sprecata su questioni irrilevanti, su fake news, su titoli sensazionalistici. La nostra soglia di attenzione si abbassa, la nostra capacità di indignarci si satura, e la rabbia si disperde in mille rivoli virtuali, alimentando un clima tossico dove spesso l’odio prende il sopravvento.

Questa spirale non solo ci fa perdere tempo, ma ci rende anche più cinici, più divisi, meno lucidi. Un’emozione così potente come l’indignazione meriterebbe di essere usata con più consapevolezza, e non sprecata in un’infinita catena di post e reazioni che, alla fine, non cambiano nulla.