
L'infermiera di Piombino, Fausta Bonino
Piombino (Livorno), 24 aprile 2016 - UN ATTIMO di pausa, poi la risposta secca: «No, non farò più l’infermiera». Fausta Bonino, 56 anni, l’operatrice del reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino accusata di aver provocato la morte di 13 pazienti con massicce dosi di eparina iniettate endovena grida ancora la sua innocenza. E annuncia che vorrebbe finirla col suo lavoro. Ieri Fausta Bonino ha accettato di parlare col nostro giornale tre giorni dopo essere stata rimessa in libertà grazie al riesame dopo ventuno giorni di detenzione.
Venerdì sera la Bonino era comparsa in tv a Quarto Grado su Rete4 rompendo il silenzio. «Io sono veramente nata per fare l’infermiera – aveva detto – e l’ho fatto proprio con passione, il mio lavoro. Assolutamente non sono stata io. Mi dispiace veramente tanto che sia successa una cosa del genere in quel reparto. Io sono convinta che un serial killer non esista. Anche conoscendo le mie colleghe».
Fausta Bonino sta a piccoli passi riprendendosi la sua vita. Non esce ancora di casa e ha chiamato la cognata per farsi fare colore e messa in piega, il primo passo di ogni donna che ha bisogno di ricominciare da zero. Vuol tornare alla normalità, per cancellare i ventuno giorni di carcere in una cella del Don Bosco di Pisa. Con coraggio. Il coraggio che ha dimostrato una settimana fa quando davanti ai giudici fiorentini ha detto: «Sono innocente. Aiutatemi». Nella sua casa di via Primo Maggio c’è un viavai di amici e di persone che vogliono dimostrarle affetto e vicinanza.
Fausta, come è stato il suo rientro a casa, come si sente?
«Sto lentamente tornando alla normalità. I primi due giorni ero in tilt. Stravolta. Mia cognata mi ha fatto il colore. Avevo tanti capelli bianchi. Non sono ancora in perfetta forma».
Ha ricevuto fiori, significa che tante persone credono in lei?
«L’abbraccio più grande è stato con le mie colleghe di reparto. Alcune sono venute a casa, altre mi hanno telefonato. È stato bello. Una sola persona non si è fatta viva ed è la caposala. Anche dalla direzione silenzio assoluto».
Cosa è successo secondo lei nel reparto di anestesia e rianimazione dove ha lavorato per tanti anni?
«Ho una certezza. Nessuna delle mie colleghe sarebbe capace di fare qualcosa ai malati. Credo che si sia trattato di procedure, di protocolli che sono andati in tilt. E una montagna di bugie».
Cosa desidera dopo i giorni trascorsi in carcere?
(La voce si incrina) «Andare all’isola d’Elba dove abbiamo una casetta. Ma ho paura di uscire. Per tanti giorni sono stata sbattuta in prima pagina, non da tutti i quotidiani e non da tutte le televisioni, come il mostro. Non ce la faccio. Quando mercoledì pomeriggio ho saputo di essere tornata libera e ho visto i giornalisti davanti al carcere ho detto al personale che non avevo la forza di uscire e che sarei tornata in cella. E così il personale del Don Bosco mi ha aiutata ad arrivare alla macchina di mio figlio Andrea. Scriverò una lettera di ringraziamento».
Come ha vissuto la detenzione?
«I primi due giorni sono stati terribili, poi grazie alle guardie, al personale medico e paramedico, ho superato lo choc.
Cosa desidera?
«Uscire stare all’aria aperta, camminare». Magari cantando una canzone di Francesco Guccini, il cantautore preferito della sua gioventù, quando il sogno di Fausta Bonino era avere una famiglia e essere un’infermiera. Una brava infermiera.