Mercoledì 24 Aprile 2024

In ginocchio È la forza del gesto

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Leo Turrini

Domenica in Austria prima del via del Gp di F1, 14 piloti, su invito di Lewis Hamilton, si sono inginocchiati sull’asfalto per protestare contro la discriminazione razziale. Altri 6 drivers, compreso il ferrarista Leclerc, hanno invece scelto di restare in piedi. Naturalmente e a scanso di equivoci, massimo rispetto per Leclerc. La sensibilità individuale è sacra.

Ciò premesso, io sto con Hamilton. Ci sono momenti in cui il Gesto, con la maiuscola, vale, soprattutto se silenzioso, più degli slogan urlati. Viviamo nella civiltà dell’immagine. Il video e l’istantanea di un campione possono arrivare subito al cuore e alla mente di chi guarda. Hamilton è un asso così popolare, anche extra pista, che, beh, forse persino chi è indifferente all’ingiustizia sarà tentato di porsi qualche domanda. Beninteso, non saranno i gesti a sconfiggere il razzismo. Nessuno è così ingenuo! E hanno ragione quelli che raccomandano di prestare attenzione ai comportamenti quotidiani. Eppure. Eppure, nel 1970, l’allora Cancelliere della Germania libera, Willy Brandt, si recò in visita di stato in Polonia. Dalla invasione nazista erano passati poco più di trent’anni. Brandt chiese di andare nel ghetto degli ebrei. E lì, sul luogo dell’orrore, si mise in ginocchio. Chiedendo scusa per quanto il popolo tedesco aveva fatto. In patria lo criticarono: ma come, il capo del governo, estraneo alle follie di Hitler, non doveva mostrarsi così... E invece quel gesto, silenzioso ma evidente, cambiò per sempre la percezione del rapporto tra la Germania e il suo passato infame.

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